Che fine ha fatto? Jugovic, dal rigore che valse la Champions al Raiola serbo
LA CONQUISTA DEL MONDO CON LA STELLA ROSSA E LA CHIAMATA DI LIPPI - Avvicinatosi al calcio a 12 anni, cresciuto nelle giovanili di una delle migliori fucine di calcio dell'Est, la Stella Rossa di Belgrado, dopo la trafila delle giovanili, sempre in campo con ragazzi più grandi, e dopo un breve prestito al Rad Belgrado, torna a 21 anni alla casa madre della Zvezda, per conquistare l'Europa da titolare: nel 1991 vince infatti la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale, con compagni del calibro di Mihajlovic, Prosinecki e Savicevic. In Giappone Jugovic realizza due dei tre gol con i quali i serbi battono i cileni del Colo Colo: è a Tokyo che capisce che può davvero sfondare nel nel difficile mondo del calcio.Da lì al passaggio in Italia la strada è breve: lo vuole Sven Goran Eriksson, rimasto estasiato da quel centrocampista duttile, diligente e con un innato senso del gol, ma è con il maestro Vujadin Boskov che si afferma definitivamente nel Belpaese. Dopo tre ottime stagioni a Genova, arriva la grande chiamata, dalla Juve di Marcello Lippi, che nell'estate del 1995 lo ingaggia per rafforzare in quantità e qualità un centrocampo alla prova del fuoco della Champions League.
IL PREDESTINATO DELLA CHAMPIONS - L'inizio a Torino è però tutt'altro che facile: a 26 anni è nel pieno della maturità calcistica e ha le idee ben chiare sul suo futuro, bramoso di importanti vittorie, ma con rivali di ruolo del calibro di Antonio Conte, Paulo Sousa e Didier Deschamps affermarsi non è semplice. Jugovic però è un predestinato: centrocampista moderno, in grado di difendere ma anche di impostare, dotato di un ottimo tiro e di un senso del gol innato, si rivela assoluto protagonista, soprattutto in Champions, nelle vittorie bianconere contro Steaua, Rangers e Borussia Dortmund. In campionato, esordio con gol contro la Cremonese, il primo di otto in due stagioni, ma la vera perla arriva nella semifinale di Champions contro il Nantes, a Torino, partita chiusa proprio da un gran tiro del serbo, dopo la rete di Gianluca Vialli.
IL SORRISO DEL RIGORE E IL 6-1 A SAN SIRO - Tutto questo prima della notte della gloria, la finale di Champions League vinta contro l'Ajax all'Olimpico, il rigore decisivo preceduto dal sorriso beffardo e il ricordo: "Del tiro dal dischetto di Roma sento ancora le stesse sensazioni di allora. Era l’ultimo, quello che valeva la coppa. Quel gol mi ha permesso di entrare nella storia di un club glorioso come la Juventus e di vincere la seconda Coppa Campioni. Cambierei qualcosa di quella notte? Mi gusterei maggiormente il successo. Subito dopo la finale di Roma andai a giocare con la mia Nazionale invece di festeggiare con i compagni". Jugo si conferma anche nella stagione successiva: prima la Coppa Intercontinentale a Tokyo, con un'altra prestazione sopra le righe, poi la Supercoppa a spese del Paris Saint-Germain e infine lo Scudetto, al quale dedica trenta partite e ben sei reti, con la storica la doppietta al Milan nella serata del 6 aprile 1997, nel match terminato 6-1 per i bianconeri a San Siro. Dopo due anni ricchi di soddisfazioni e vittorie, il serbo lascia la Juve.
IL CANTO DEL CIGNO VAGABONDO E LA NUOVA CARRIERA - Ma la carriera di Jugovic non è finita: viene infatti acquistato dalla Lazio, dove rimane una sola stagione nella quale vince la sua seconda Coppa Italia nella doppia finale contro il Milan, segnando anche una rete, e raggiunge la finale di Coppa UEFA persa a Parigi contro l'Inter. Il canto del cigno arriva tra Spagna, nell'Atletico Madrid, Francia, nel Monaco, e Germania, nell'Admira Wacker Modling, con un intermezzo di due stagioni nell'Inter di fine millennio. In nazionale non ottiene grandissimi successi, come invece nei club. Attualmente Jugovic non ha abbandonato il mondo del calcio: lavora infatti come opinionista sportivo per alcune televisioni, anche del suo paese, e si occupa inoltre di scouting per giovani leve serbe, oltre a intraprendere la carriera di procuratore sportivo. Un Raiola serbo, dunque: come sempre, abituato ai grandi palcoscenici.
@AleDigio89