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  • Che fine ha fatto? Il 'Pigna' Montero: da rossi e accuse di doping alla panchina

    Che fine ha fatto? Il 'Pigna' Montero: da rossi e accuse di doping alla panchina

    • Alessandro Di Gioia
    "Paolo è un galeotto mancato, ma con un suo codice d’onore": bastano queste poche parole, tratte dall'autobiografia di Carlo Ancelotti che ebbe la "fortuna" di allenarlo alla Juventus, per definire alla perfezione il modus vivendi di Paolo Ronald Montero Iglesias da Montevideo, più semplicemente "Pigna", per tutti i tifosi bianconeri che lo hanno amato alla follia. "Pigna" per la sua durezza dentro al rettangolo di gioco, che lo ha reso il calciatore più espulso di sempre della nostra Serie A, con 17 cartellini rossi. Ma andiamo con il giusto ordine.

    DA MENOTTI E PASSARELLA A LIPPI E L'ATALANTA - Nato in Uruguay nel 1971 da una famiglia benestante, Paolo segue subito le orme del padre Julio Castillo, anch'egli calciatore e anch'egli difensore. Si distingue sin dagli inizi per la personalità e la precisione degli interventi, spesso al limite del regolamento, e si impone nel Penarol nel ruolo di stopper o libero, raramente quello di terzino sinistro che gli piaceva poco, tanto da farlo litigare con alcuni allenatori durante la sua carriera. Nei gialloneri cresce sotto l'egida del tecnico Luis Cesar Menotti, che lo paragona subito a Daniel Passarella, ma è un club italiano a notarne le potenzialità: l'Atalanta lo acquista e lo fa debuttare in Serie A a soli 21 anni, quando con Marcello Lippi in panchina disputa un campionato egregio e centra il settimo posto con gli orobici. Nonostante la retrocessione in Serie B dell'anno seguente, Montero resta a Bergamo e diventa un pilastro della difesa, tanto da riconquistare subito la promozione. 

    L'ETA' DELL'ORO ALLA JUVE: TANTE VITTORIE, 17 ESPULSIONI - Dopo quattro stagioni la grande chiamata è dietro l'angolo e arriva proprio dalla Juventus di Marcello Lippi, campione in carica, che lo porta a Torino dopo averlo allevato in Lombardia. E' l'inizio dell'età dell'oro: "Montero è un kamikaze del contrasto, un combattente dell'area di rigore", dice di lui Lippi. Alla Juventus rimane per nove stagioni, dal 1996 al 2005, disputando 277 presenze, realizzando sei gol ma venendo espulso per 17 volte, vincendo tutto: quattro campionati (uno viene infatti revocato), tre supercoppe italiane, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa europea e una Coppa Intertoto. I tifosi lo amano per la grinta che dimostra in campo, tanto che Montero diventa uno degli idoli dei supporter bianconeri, ai limiti della venerazione, nonostante una forte personalità e un carattere sopra le righe. Quando ad esempio viene pizzicato in compagnia di alcuni tifosi del Torino, lui risponde: "Non me li sceglie mia mamma gli amici, figuriamoci voi". 

    IL 'CODICE D'ONORE', QUEL PUGNO A DI BIAGIO E LE SERATE - Montero è un difensore cattivo, ma segue un preciso codice d'onore: secondo lui il primo intervento deve essere duro per far capire immediatamente che aria tira all'avversario, poi confida molto nel "dissing" e nella provocazione in campo, tanto da diventare temutissimo dalla maggior parte degli attaccanti che lo affrontano. Nella Juve fa coppia con Ciro Ferrara, sbaragliando la concorrenza di Mark Iuliano e di Igor Tudor e diventando uno dei fedelissimi di Marcello Lippi. Si rende protagonista di alcune azioni controverse, come quando dopo una sconfitta col Vicenza colpisce il fotografo ufficiale dei padroni di casa senza nemmeno pentirsi in seguito del gesto, oppure quando in Coppa Uefa rifila una gomitata al russo Karpin, venendo espulso e prendendo in giro il pubblico rivale. L'emblema del giocatore è però il pugno (o "pigna") al volto di Luigi Di Biagio in un match di campionato del 2000 contro l'"odiata"Inter, che gli vale tre turni di squalifica con la prova tv. Di mezzo tante serate controverse, tra feste e divertimenti con i compagni.

    LA TESTIMONIANZA NEL PROCESSO PER DOPING - La personalità di Montero emerge inoltre nella strafottenza con cui affronta il giudice del processo per doping nei confronti della Juventus e dei suoi collaboratori: seppur interrogato a lungo, l'uruguaiano dapprima non parla e poi invita il giudice ad appartarsi in una stanza privata, al riparo da occhi indiscreti. Oltre che alla nazionale uruguagia, nella quale milita per ben 65 volte, il "Pigna" giura amore eterno alla Juve, e infatti quando lascia i bianconeri torna a casa: conclude la carriera in Sudamerica, giocando prima negli argentini del San Lorenzo e poi nel club che lo ha lanciato, il Penarol.

    MONTERO OGGI
    - Una volta appesi gli scarpini al chiodo, dopo aver brevemente svolto la professione di procuratore sportivo in Uruguay, intraprende la carriera da allenatore, prima nel solito Penarol, poi nel Boca Unidos, nel Colon e infine nel Rosario Central. Notizia di ieri è l'ufficializzazione da parte del settore tecnico della Figc dei nomi dei nuovi allenatori professionisti abilitati, con la qualifica Uefa A: c'è anche Montero, che potrà quindi guidare qualsiasi formazione giovanile (comprese le Primavera), qualsiasi squadra femminile (Serie A e Serie B inclusa) e le prime squadre maschili fino alla Serie C,e potrà essere tesserato come allenatore in seconda sia nella Serie A che nella Serie B maschile. Tempo per il "Pigna" di mettere la testa a posto, ormai: o forse no?

    @AleDigio89
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