Che fine ha fatto? Helveg: il Leone sordo
Balotelli, Muntari, Poli, Pazzini, Cassano, Ronaldo. In epoca recente sono tantissimi i giocatori che hanno militato sia con la casacca dell'Inter che del Milan, tanto che i tifosi delle squadre milanesi ci hanno "fatto il callo", e quello che un tempo sembrava un tradimento ormai viene considerato normalità. Fino alla metà degli anni '90, però, compiere il famigerato "salto del Naviglio" poteva portare ad accesissime polemiche, come nel caso del passaggio di Maurizio Ganz dai nerazzurri ai rossoneri. Nel numero odierno della rubrica "Che fine ha fatto?" ripercorreremo la storia di Thomas Helveg, terzino danese protagonista del calcio italiano sul finire degli anni '90.
Helveg nasce nel 1971 e muove i primi passi calcistici nella fredda Odense, città portuale danese. Promettente centrocampista di contenimento, viene gettato nella mischia all'età di 18 anni, diventando subito un tassello chiave del club danese, con il quale vince subito il campionato, e negli anni successivi due Coppe di Danimarca. La grande occasione si presenta all'edizione 1993/94 della Cup Winner's Cup, quando viene chiamato al difficile compito di occuparsi dell'attaccante dell'Arsenal Ian Wright, compito assolto alla perfezione e che gli vale i complimenti della società e l'attenzione dei grandi club europei.
GLI ANNI BIANCONERI - A spuntarla su tutti è l'Udinese, che riesce a prelevarlo in prestito annuale. Nonostante la retrocessione dei friulani, per Helveg il 1994 rappresenta l'anno della definitiva consacrazione: prima il primo gol in Serie A, poi il debutto con la Nazionale danese della quale diventa subito uomo imprescindibile, poi la nomina a giocatore danese dell'anno, battendo la concorrenza di due mostri come Peter Schmeichel e Brian Laudrup. La stagione successiva, il secondo posto in serie cadetta vale il ritorno in Serie A. Il presidente Pozzo decide di affidare la squadra all'emergente Alberto Zaccheroni, che guida i bianconeri ad una comoda salvezza. La stagione 96/97 segna la svolta per il danese e gran parte degli interpreti friulani. Il tecnico romagnolo abbandona il 4-4-2 di sacchiana memoria e passa al 3-4-3: mossa che si rivelerà decisiva. Helveg viene dirottato sull'out destro e liberato dai compiti difensivi. Dedicandosi quasi esclusivamente alla fase offensiva mette in mostra una buonissima corsa e sforna assist a profusione per il bomber tedesco Oliver Bierhoff. Grazie anche al contributo di Poggi e Amoroso i friulani raggiungono il quinto posto, pizzamento migliorato la stagione successiva con il gradino più basso del podio alle spalle di Juve e Inter.
IL LEONE SORDO - Le prestazioni strabilianti dei bianconeri portano inevitabilmente a catalizzare l'attenzione delle big europee sui gioielli che in Friuli hanno incantato. Il Milan di Berlusconi si assicura il capocannoniere in carica Bierhoff (27 gol), Thomas Helveg e l'autore della favola Udinese: Alberto Zaccheroni. Il tecnico cesenate prosegue il lavoro inizato ad Udine, e centra subito uno degli Scudetti più sofferti della storia rossonera. Sotto la guida del mentore Zaccheroni il danese si ritaglia un ruolo da assoluto protagonista, senza essere mai messo in discussione, se non dal Presidente Berlusconi. L'episodio avviene in seguito ad un derby finito in parità, quando Berlusconi, a margine di un impegno politico, viene chiamato a commentare la stracittadina. L'attenzione del Cavaliere si posa proprio sulla prestazione del danese, schierato da Zaccheroni a partita in corso: "Sapete cosa mi ha ricordato? La favola del leone sordo. Un uomo si mette a suonare il violino nella giungla e cattura l' attenzione di un leone. Poi arriva un altro leone e un altro ancora. L' attenzione è alta, i leoni fanno la coda fino ad arrivare a un centinaio. Tutti a bocca aperta, affascinati. L' esibizione è al culmine quando, in notevole ritardo, si presenta trafelato l' ultimo leone. Si avvicina con rabbia e grinta all' uomo e lo sbrana. Una belva, sistemata in prima fila, se ne va infastidita e dice che il concerto è terminato per colpa del leone sordonon viene mai messo in discussione". Come a voler dire: andava tutto bene fino a quando non è entrato Helveg. Nell'estate del 2001 Zaccheroni viene esonerato, e Helveg viene acquistato dall'Inter nell'operazione che vede passare Cyril Domoraud in nerazzurro. Una delle più classiche operazioni "sistema bilancio" in voga in quegli anni tra le due milanesi. I nerazzurri decidono però di lasciare il danese in prestito in rossonero per la simbolica cifra di mille euro, permettendogli di conquistare l'edizione 2002-2003 della Champions Legaue e la Coppa Italia, seppur da comprimario.
LEONE DI HIGHBURY - Nell'estate del 2003 il contratto con i rossoneri scade, e Helveg passa all'Inter dove ritrova il suo mentore Zaccheroni, subentrato a Cuper nel mese di ottobre. La stagione dei nerazzurri si conclude con il quarto posto, un'annata non brillante fatta eccezione per la vittoria eccezionale contro l'Arsenal nel match d'esordio in Champions League. I nerazzurri entrano nella storia per essere la prima squadra italiana a passare sul terreno di Higbury, impresa che fregia i nerazzurri dell'appellativo di "Leoni di Highbury". Una grande rivincita per il Leone sordo.
RITORNO IN PATRIA - Dopo la naturale scadenza di contratto con l'Inter, Helveg sbarca Oltremanica per tentare l'avventura con il Norwich, ma senza trovare grossa fortuna. Dopo l'esperienza inglese emigra in Germania, per accasarsi al Borussia Monchengladbach, club nel quale rimane per una stagione e mezza, prima di fare ritorno in patria e concludere la carriera con la maglia dell'Odense, con il quale disputa tre stagioni prima di appendere le scarpette al chiodo all'età di 39 anni. Proprio in Danimerca inizia il suo percorso lontano dai terreni gioco: dapprima come collaboratore della squadra della città natale, poi come membro del consiglio d'amministrazione del Roskilde,società che milita nella seconda divisione del calcio danese.
Massimiliano Cappello