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    Ce l'ho con... Allegri ha un'ossessione per i giovani, ma il calcio non funziona più come 30 anni fa

    Ce l'ho con... Allegri ha un'ossessione per i giovani, ma il calcio non funziona più come 30 anni fa

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    In Italia è il momento di prendere definitivamente atto del fatto che non si possa - o non si voglia - ragionare a proposito di calcio se non in termini assoluti. E’ stato ed è tuttora così sul concetto di risultatismo e di giochismo ed è così anche quello si parla dell’utilizzo dei giovani. L’occasione per tornare sull’argomento l’hanno fornita l’inaspettata convocazione dell’attaccante della Juventus Under 23 Matias Soulé con la nazionale argentina e il commento in merito del tecnico bianconero Massimiliano Allegri. Che ha giustamente provato a stoppare sul nascere ogni tentativo di esagerazione ed esaltazione per un ragazzo dal grande potenziale, ma che ha ancora necessità di crescere e migliorarsi. Ma che, subito dopo, ha allargato il concetto alla gestione in generale dei talenti che provino ad affermarsi nei grandi club, dimostrando di avere una visione d’insieme del tema non propriamente in linea coi tempi.

    CI SONO GIOVANI E GIOVANI - “E’ una legge fisiologica, un giocatore a 25-26 anni inizia a trovare la maturità, poi ci sono le eccezioni. Infatti vengono avanti i giocatori che crescono dalla Lega Pro, poi fanno la Serie B e infine arrivano in Serie A. Come si faceva 30 anni, senza inventare le mode. La crescita di ogni singolo giocatore deve essere quella. È inutile che inventano”, ha dichiarato Allegri recapitando il suo messaggio a destinatari non meglio precisati. Un’analisi di per sè piuttosto scontata e banale e che va poco in profondità, perché nelle principali realtà all’estero, anche nelle più grandi squadre, da diversi anni a questa parte non si fanno tutti questi problemi a lanciare un giovane se dimostra di avere il talento e le qualità necessarie per accorciare i tempi. Chi l’ha detto che non si possano schierare più di 2-3 ragazzi di 18 o 20 anni in pianta stabile, se prima non si è passati dalla famosa e famigerata gavetta nelle categorie inferiori? Purtroppo Allegri parla nel solco di quelle stesse prese di posizione assunte ad andamento continuo da inizio stagione, quando ha preferito spesso e volentieri puntare il dito contro gli elementi di minore esperienza (De Ligt, Kulusevski, Chiesa) per i pessimi risultati arrivati in campionato.

    UN'ANALISI PIU' AMPIA - L’allenatore della Juventus ama ricordare che 20 o 30 anni fa si faceva in un certo modo e che i risultati per le squadre italiane arrivavano a piene mani, anche in campo internazionale. Ma se adesso non arrivano più e il campionato italiano è divenuto più di passaggio che di consacrazione, siamo convinti che la ragione vada ricercata soltanto nella rinuncia a certe tradizioni? Il mondo è cambiato, il modo di pensare pure e il calcio non fa eccezione: Spagna, Francia, Germania e alla fine pure l’Inghilterra hanno tracciato la strada ma, siccome noi ci crediamo più bravi degli altri, abbiamo deciso di non seguirla. Il problema di far affrontare ai ragazzi dei nostri settori giovanili un percorso graduale ma di reale crescita risiede spesso nell’assenza di strutture all’avanguardia, di tecnici ed istruttori incapaci di accogliere nuove linee di pensiero e di dirigenti con poca prospettiva e spirito di osservazione. Perché di giocatori bravi in Serie C e in Serie B e pronti per fare il salto triplo ce ne sono, basta saperli individuare. Senza preconcetti, perché anche la Nazionale di Mancini ci ha insegnato che il talento sopravvive pure in Italia e che quello non ha età.

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