Ce l'ho con... Allegri e Mourinho, non esistono solo la lucidità e gli arbitri: non sanno o non vogliono parlare di calcio?
Carisma, esperienza, gestione del gruppo e della comunicazione verso l'esterno. Sono qualità indispensabili al giorno d'oggi per un allenatore, chiamato a confrontarsi con problematiche e dinamiche di spogliatoio in costante evoluzione. Ma che non possono essere le uniche doti per rimanere al passo coi tempi e non farsi travolgere dalle nuove "mode" in voga a livello internazionale: una maniera di interpretare il gioco in cui le posizioni e i ruoli fissi sono divenuti concetti superati e in cui la capacità di adattarsi all'avversario senza rinunciare alla propria identità divengono prerogative irrinunciabili. Un'evoluzione naturale che sembra essere stata recepita dalla maggior parte dei nostri allenatori, tranne qualche rumorosa eccezione: come Allegri e Mourinho.
IL CALCIO NON E' SEMPLICE - Due allenatori vincenti, capaci nei loro periodi migliori di sapere fare incetta di titoli puntando su idee e princìpi come la compattezza dentro e fuori dal campo e l'abilità nel catalizzare su stessi le attenzioni dei media per togliere pressioni ai propri calciatori. Oggi però tutto questo non basta più, perché il calcio si è arricchito di nuovi dettagli che lo rendono un po' meno "semplice" di quanto non ami dire Allegri e dove chi ha la curiosità di aprirsi alle novità e di stimolare i propri calciatori - che nel frattempo sono a loro volta molto più interessati alla tattica di quanto l'allenatore della Juve non voglia far credere - a provare cose diverse ha maggiori possibilità di successo. La comunicazione resta dunque una componente molto importante del proprio lavoro e le conferenze stampa di Allegri e Mourinho forniscono molto spesso diversi titoli.
(IN)CAPACITA' DI ANALISI - Pochi, troppo pochi però, a sfondo meramente tecnico e tattico. E così, soprattutto nei postpartita, l'attenzione finisce per scivolare sulla prestazione dell'arbitro e sulle prove individuali di alcuni giocatori. Tirando in ballo discorsi relativi al carattere, alla grinta e alla mancanza di lucidità, senza però riuscire a proporre delle analisi che spieghino in maniera più esaustiva come le rispettive squadre vogliano interpretare le proprie caratteristiche e quelle degli altri. La proposta di gioco, insomma. A dire il vero, sino a questo punto della stagione non se n'è vista molta, tanto alla Juve quanto alla Roma. E il problema sta tutto qui: essere un bravo team leader o un "eccellente" affabulatore non è più sufficiente.
IL CALCIO NON E' SEMPLICE - Due allenatori vincenti, capaci nei loro periodi migliori di sapere fare incetta di titoli puntando su idee e princìpi come la compattezza dentro e fuori dal campo e l'abilità nel catalizzare su stessi le attenzioni dei media per togliere pressioni ai propri calciatori. Oggi però tutto questo non basta più, perché il calcio si è arricchito di nuovi dettagli che lo rendono un po' meno "semplice" di quanto non ami dire Allegri e dove chi ha la curiosità di aprirsi alle novità e di stimolare i propri calciatori - che nel frattempo sono a loro volta molto più interessati alla tattica di quanto l'allenatore della Juve non voglia far credere - a provare cose diverse ha maggiori possibilità di successo. La comunicazione resta dunque una componente molto importante del proprio lavoro e le conferenze stampa di Allegri e Mourinho forniscono molto spesso diversi titoli.
(IN)CAPACITA' DI ANALISI - Pochi, troppo pochi però, a sfondo meramente tecnico e tattico. E così, soprattutto nei postpartita, l'attenzione finisce per scivolare sulla prestazione dell'arbitro e sulle prove individuali di alcuni giocatori. Tirando in ballo discorsi relativi al carattere, alla grinta e alla mancanza di lucidità, senza però riuscire a proporre delle analisi che spieghino in maniera più esaustiva come le rispettive squadre vogliano interpretare le proprie caratteristiche e quelle degli altri. La proposta di gioco, insomma. A dire il vero, sino a questo punto della stagione non se n'è vista molta, tanto alla Juve quanto alla Roma. E il problema sta tutto qui: essere un bravo team leader o un "eccellente" affabulatore non è più sufficiente.