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    Ce l'ho con... Agnelli manda all'aria la tregua di Elkann, con la sponda di Moggi. Calciopoli non finirà mai

    Ce l'ho con... Agnelli manda all'aria la tregua di Elkann, con la sponda di Moggi. Calciopoli non finirà mai

    • Andrea Distaso
      Andrea Distaso
    I processi, sportivi e non, si fanno nelle aule di tribunale. E dunque, tenendo fede a quel garantismo che non deve mancare nelle nostre analisi - nemmeno quando si parla di Juventus e plusvalenze - aspettiamo prima di giudicarli tutti colpevoli. Alla stessa maniera però non possiamo non rimanere esterrefatti, o forse siamo semplicemente troppo ingenui, nell’osservare ed ascoltare quanto è stato detto ed evidenziato in occasione dell’Assemblea degli azionisti del club bianconero che ha consentito al presidente dimissionario Andrea Agnelli di congedarsi da quello che è stato il suo mondo per 12 anni.

    Le legittime rivendicazioni sulla bontà del suo operato in ambito sportivo, testimoniato dalla sequenze da record di titoli conquistati, hanno finito per lasciare presto spazio a quelle sulla liceità dei comportamenti del management a cui si è accompagnato soprattutto negli ultimi controversi anni. Un management azzerato dalle recenti dimissioni in blocco del precedente CDA e dagli strascichi della doppia inchiesta della Procura di Torino e della Consob che ha ridato fiato alle richieste della Procura Federale e accelerato una rivoluzione societaria divenuta improcastinabile. E di cui John Elkann - secondo molti il vero ispiratore dell’annientamento della vecchia dirigenza - sarebbe il promotore. E, come se non bastassero le parole del principale accusato, Andrea Agnelli ha potuto contare sulla difesa d’ufficio niente poco di meno che di Luciano Moggi, artefice della grande Juve targata papà Umberto e protagonista più rumoroso di Calciopoli.

    Nella sala in cui si è celebrata l’Assemblea dei soci che ha sancito il commiato di Agnelli jr, sono riecheggiate quelle frasi e quelle parole che a lungo hanno accompagnato le settimane, i mesi e gli anni successivi all’esplosione dello scandalo che nel 2006 ha investito il calcio italiano e soprattutto la Vecchia Signora. “Così facevano tutti e fan tutti”, “I veri danneggiati siamo stati noi”, “Perché non si è guardato anche altrove?”. Se l’appuntamento di oggi, che offriva agli azionisti rappresentanti pure della minoranza più silenziosa o rumorosa a seconda dei punti di vista, è finito per diventare un enorme spot di quello che la Juve ha fatto nelle ultime tribulate stagioni e un messaggio diametralmente opposto a quello apparentemente distensivo dato dalle dimissioni del vecchio CDA, qualcosa non torna.

    In attesa di comprendere se Agnelli e la sua squadra di lavoro abbiano realmente commesso dei reati sotto il profilo sportivo e contabile - e dunque penale, trattandosi sempre di una società quotata in Borsa, dettaglio non proprio irrilevante - l’impressione di aver quanto meno fatto ricorso ad escamotage molto arditi pur di risanare un bilancio disastrato da tante, troppe, operazioni finanziarie avventate rimane. E, se ci dichiariamo garantisti fino all’ultimo e fino a prova contraria ma pretendendo che la giustizia valga davvero per tutti nel calcio italiano, allora anche le accuse ribadite e rilanciate - senza contraddittorio e senza diritto di replica per le parti interessate - in un contesto particolare come l’assemblea degli azionisti di uno dei club più prestigiosi del mondo assumono un significato ed una rilevanza che non possono essere ignorate. Ma che non aiutano certo a ristabilire un clima di equità e serenità e che non fanno nemmeno troppo onore alla ultracentenaria storia della Juve.
     

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