Caso D'Onofrio: la Figc provò a cacciarlo, ma l'Aia si oppose
Redazione CM
L’Associazione italiana arbitri sapeva da luglio che il suo procuratore, Rosario D’Onofrio, intratteneva consulenze “private” con un guardalinee che invece avrebbe dovuto indagare. E ha deciso di non fare nulla. Lo riporta Repubblica, secondo la quale il narcos che dai domiciliari gestiva le udienze sulle condotte disciplinari degli arbitri italiani, è il protagonista di sei file audio registrati da un ex guardalinee, Robert Avalos. Saputo di questi audio, il presidente della Federcalcio Gravina era già intervenuto. Denunciando il caso alla Procura federale. E suggerendo all’Associazione arbitri di rimuovere un procuratore che si era comportato in quel modo. Ma l’Aia, nemmeno dopo che D’Onofrio è stato indagato dalla Procura della Federcalcio, ha pensato di sostituirlo. REGISTRAZIONI - Eppure in estate quelle registrazioni - scrive Repubblica - erano finite sui cellulari di tutti i guardalinee d’Italia, e da lì alla Commissione degli arbitri. Quindi, ai vertici dell’Aia. File in cui il procuratore d’Onofrio, nome di battaglia “Rambo”, suggeriva a Avalos che comportamenti tenere. Cosa fare. E come “colpire” i designatori, che a suo dire lo avevano eccessivamente penalizzato. Era pronto a suggerire una strategia: «Se lei si vuole tutelare, purtroppo deve creare un po’ di caos». E quale fosse la sua idea di caos lo spiegava direttamente: «Lei deve scrivere un esposto che venga inviato alla procura... Lei fa questo e basta, poi me la vedo io».