Padovan: vado in Albania per raccontare il calcio su Agon Channel
Direttore Padovan, cos'è Agon Channel?
"E' una tv generalista albanese creata dal niente esattamente un anno fa, su iniziativa italiana, precisamente dell'editore Francesco Becchetti. Agon Channel è un canale tv con sede in Albania, ma con cuore italiano. Oltre all'editore, anche gli autori e gli ideatori dei programmi sono in gran parte italiani. E italiano è il direttore editoriale, Alessio Vinci, ex conduttore di Matrix con alle spalle vent'anni di esperienza con la CNN in tutto il mondo".
E lei come arriva ad Agon Channel?
"Agon Channel in Italia non si vede, se non in streaming, perciò io fino a poco tempo fa ero solo uno spettatore esterno. Avevo letto, come tutti, le polemiche sulle similitudini con alcuni programmi italiani (fra A Krasta Show e Che tempo che fa, ndr), ma nella tv mondiale non ci crea nulla, tutto si ricicla e si reinventa. Io ero fermo da un anno, dopo l'esperienza con Pubblico di Luca Telese, se si fa eccezione per qualche presenza in tv nell'ambito della trasmissione Tiki Taka, su Italia 1. Mi guardavo in giro e un bel giorno ho contattato Alessio Vinci. Gli ho chiesto come fossero messi con lo sport e in poco tempo è nato tutto. Da gennaio a marzo dalle intenzioni di principio si è passati ai fatti, e oggi parto per l'Albania. Il mio compito è quello di implementare la redazione sportiva e di creare uno o due programmi nuovi, a partire da una trasmissione sui Mondiali che ormai sono alle porte. Questo per i primi mesi. Poi, guardando più in là, l'obiettivo è anche quello di creare una tv italiana, perché Agon alla fine dovrebbe sbarcare anche in Italia".
Con che spirito affronta questa nuova avventura?
"Quando si è investiti di tanta fiducia, si può essere solo entusiasti. In carriera ho fatto tante cose, ma naturalmente soprattuto per la carta stampata. In tv ho lavorato, ma mai con un coinvolgimento così importante, per cui vedo questa esperienza anche come qualcosa di formativo, sapendo bene che la tv è diversa dai giornali".
Certo che la sua è una storia davvero singolare: ragionando per luoghi comuni, siamo abituati a pensare all'Albania come a una terra dalla quale arrivano in Italia persone in cerca di lavoro. Lei invece 'emigra' in Albania... "E' sicuramente un segno dei tempi che cambiano. Un tempo gli albanesi venivano in Italia per cercare ricchezza e fortuna, ora siamo noi ad andare da loro per esportare la nostra esperienza e i nostri modelli di lavoro, in questo caso in ambito giornalistico. La differenza è che, per ora, non ci andiamo coi barconi... L'Albania, in ogni caso, trovo che sia una terra aperta, che consente in questo momento tante possibilità a chi voglia investire nel proprio lavoro".
Al di là dei Mondiali, cosa si propone di raccontare sugli schermi di Agon Channel?
"Credo che l'Albania e le terre limitrofe possano offire la possibilità di raccontare storie davvero importanti e interessanti. Me ne vengono in mente tre, ad esempio: la nascente nazionale del Kosovo, che settimana scorsa ha disputato la sua prima amichevole ufficiale; gli italiani in Albania, come il ct della nazionale locale Gianni De Biasi, che ha appena affrontato in un 'derby' la nazionale di Malta allenata da Pietro Ghedin; e storie come quella dell'attaccante del Bari, Edgar Çani, che nel 1991, quando aveva appena due anni, arrivò in Italia con un barcone di emigranti. Ci sono tante altre storie come queste da poter raccontare".
E poi forse potrà avere un punto di vista più distaccato, forse privilegiato, rispetto alle polemiche che spesso e volentieri inveleniscono lo sport italiano, il calcio in particolare...
"Certo, ammetto che mi rende felice potermi tirare un po' fuori dal tritacarne italiano, senza rinnegare le polemiche alle quali ho partecipato e le battaglie che ho combattuto. Ma mettere un po' di distanza fra i fatti italiani e il mio lavoro quotidiano mi darà modo di avere una visione più obiettiva. Con questo non dico di non essere stato obiettivo finora, ma questa posizione di osservatore esterno mi consentirà sicuramente di essere meno coinvolto emotivamente e, forse, di essere anche più originale".