Calhanoglu: "Bayern? Ho fermato il mio agente, per me decide sempre l'Inter"
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Cos'è per lei l'Inter?
"Posso dire che è stato, innanzitutto, un cambiamento pesante nella mia vita. Perché trasferirsi qui dal Milan non è facile. Ma a me l'Inter era sempre piaciuta, anche in passato. Sin dal primo giorno in nerazzurro, è cominciato un percorso straordinario, che ha segnato la mia carriera e che mi ha fatto diventare il giocatore che sono".
Le piacerebbe chiudere la carriera in nerazzurro?
"Me lo auguro, è la mia speranza. Anche perché ormai non sono più così giovane. E nel calcio non si può mai sapere cosa accadrà. Ma sicuramente resterò il più a lungo possibile".
La scorsa estate l'aveva cercata il Bayern Monaco. Ha tentennato?
"C'erano gli Europei e fino a che non sono finiti il mio procuratore non mi ha detto nulla. Poi mi ha chiamato dicendomi che c'erano queste opzioni. Io l'ho fermato subito e gli ho detto senza esitazioni: 'Parla con l'Inter, non con me. Farò solo quello che vogliono loro'. Non posso altro che ringraziare questo club e la gente che ne fa parte. Mi hanno sempre aiutato e sostenuto. In particolare Ausilio. È stato importantissimo per me, sia sul piano sportivo sia su quelle personale. Mi ha dato fiducia e fatto capire che potevo essere un giocatore importante per l'Inter. E così è stato. Questo è il motivo per cui sarà sempre l'Inter a decidere per me".
L'Inter è anche Inzaghi. Si può dire che sia l'allenatore più importante per la sua storia di calciatore?
"Sicuramente sì. Ha visto la mia qualità e la mia intelligenza in campo. Ha avuto l'intuizione di trasformarmi da mezz'ala in regista. Ed è stata la svolta nella mia carriera. Mi ricordo che, qualche anno fa, lo avevo già incrociato quando guidava la Lazio. Anche quella era una squadra che giocava bene. Mi vengono in mente le sue telefonate prima di arrivare all'Inter. Le sue parole sono state stimolanti e mi hanno convinto della scelta. Ha spinto tanto per farmi venire. Siamo arrivati insieme e, dopo tre anni e mezzo, si può dire che abbiamo fatto qualcosa di importante".
È vero che esiste un'Inter con Calhanoglu e una senza?
"Onestamente, non mi piace parlare di me stesso. Quando vado in campo, cerco solo di giocare veloce, sviluppare la manovra in avanti, e penso sempre a come uscire dalle varie situazioni. Lavoro per dare una mano in fase di costruzione, creando opportunità per segnare. Ma devo ammettere che ciò che mi piace di più è difendere, fronteggiare un avversario, sfidarlo. Prima ero felice se riuscivo a segnare o a fare assist, mentre adesso godo nel lavorare per la squadra e nell'aiutare i miei compagni. In precedenza, non mi capitava di fare tanti contrasti o interventi in scivolata. Beh, adesso li adoro…".
Adesso, per tutti è un giocatore imprescindibile. Ai tempi del Milan non era così: almeno per chi era all'esterno. Eppure, tutti gli allenatori italiani che ha avuto, da Montella a Gattuso, da Giampaolo a Pioli, fino ad arrivare ovviamente a Pioli, non hanno mai pensato di fare a meno di lei.
"È vero. Al Milan il primo anno è stato difficile, perché venivo da sei mesi di squalifica. Non ero in forma. Poi tutto è migliorato. Credo che tutti mi schierassero perché, fondamentalmente, sono un giocatore di squadra e lavoro sempre per il bene della squadra. Sono sempre stato disponibile a occupare la posizione che mi veniva chiesta, largo a sinistra o trequartista. Peraltro, Giampaolo è stato il primo a schierarmi come regista, in una partita contro l'Udinese, alla prima giornata di campionato (stagione 2019/20). Non abbiamo avuto tanto tempo per stare assieme perché è stato esonerato. Mi è dispiaciuto, perché mi trovavo bene. Apprezzavo le sue idee e Giampaolo mi piaceva come persona. Sono felice che ora sia a Lecce e che stia facendo bene".
Asllani può raccogliere il suo testimone come regista nell'Inter?
"Deve riuscirci. Per me, è come se fosse un fratello piccolo. Lo sto aiutando e devo dire che lui mi ascolta molto. Ha sicuramente diverse qualità, ma deve migliorare ed è il primo a saperlo. Anche perché se giochi per l'Inter, devi sempre dimostrare qualcosa. Sta imparando e noi siamo qui per aiutarlo. Sono sicuro che, dopo di me, sarà importante".
Qual è il segreto dell'Inter?
"Lo spogliatoio, il gruppo. Appena arrivato, ho scoperto che qui c’erano persone differenti. Ho avvertito subito il calore. La sensazione è di essere in famiglia. Il comfort è assoluto. E ognuno si sente importante. Per i nuovi arrivati le porte sono aperte: da parte di tutti c'è la disponibilità ad aiutare. Non è semplice costruire un ambiente del genere. Ma è questo che fa la differenza".
L'Inter è davvero tanto più forte delle altre squadre in Italia?
"Forti lo siamo diventati nel corso di questi anni, attraverso il lavoro e il sacrificio. Abbiamo parlato poco e pedalato tanto. Siamo andati avanti a testa bassa, concentrandoci su ogni partita, evitando di pensare troppo in là".
Dà fastidio che, da parte delle altre squadre, si insista tanto nel sostenere che l'Inter sia nettamente favorita per il campionato? È un modo per mettere pressione?
"Da un certo punto di vista, fa anche piacere. Ma credo sia innanzitutto una strategia. A noi, comunque, non interessa, perché guardiamo solo a noi stessi. Sappiamo di essere forti, ma anche di poter fare di più. E allora ci impegniamo per migliorare ancora".
Siamo quasi alla fine del girone di andata. Lo scudetto è ormai una corsa a tre, tra Inter, Atalanta e Napoli, oppure può ancora inserirsi qualche altra squadra?
"Quest'anno ci sono tante squadre in pochi punti. Noi faremo di tutto per vincere ogni partita e poi alla fine si vedrà. Adesso siamo concentrati sul Cagliari e poi penseremo alla Supercoppa".
Dopo un inizio di stagione un po' rallentato a che livello è adesso l'Inter?
"Al 90 per cento. Ci manca ancora qualcosa per essere al top. Ma questa stagione è molto più intensa rispetto alla scorsa. Si gioca ogni tre giorni, senza sosta. C'è meno riposo. Ma grazie al turnover e alle rotazioni stiamo gestendo bene le forze. Al momento giusto alzeremo il livello".
Magari quando la Champions arriverà alla fase decisiva.
"Abbiamo la consapevolezza di potercela giocare con tutti. Ci sono altre due-tre squadri forti, che sono certamente pericolose. Ma noi abbiamo imboccato un percorso importante, che ci ha fatto crescere e che, allo stesso tempo, ha eliminato gli alti e bassi. Ora, l'Inter è una squadra continua. Abbiamo lavorato tanto per riuscirci, ma abbiamo riportato l'Inter al livello dove merita. Il nostro obiettivo come giocatori è rappresentare l'Inter nel migliore dei modi e lo stiamo facendo".
La Champions è il suo sogno?
"Sì, ma il mio sogno è conquistarla con la maglia nerazzurra. Con l'Inter ho vinto tutto in Italia. A questo punto, mi manca solo l'Europa. Come ho già detto, siamo sulla strada giusta".
Cos'è per lei Milano?
"È una città che mi piace molto. Come mi piacciono gli italiani. Sono simili a noi turchi. Sono aperti hanno un cuore aperto e caldo. È curioso, però, che i miei amici italiani vengono quasi tutti dal sud: napoletani, calabresi, siciliani. Qui, ho avuto l'opportunità di conoscere bellissime persone. E posso dire che Milano sia ormai la mia seconda casa. Anzi, sarà la città dove vivrò una volta che la mia carriera di calciatore sarà finita".
Quando chiuderà con il calcio giocato, cosa le piacerebbe fare?
"Le strade sono due: allenatore o direttore sportivo. Al momento, comunque, più il secondo del primo. Come Ausilio".
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