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    #Buffon40 e poca voglia di smettere

    #Buffon40 e poca voglia di smettere

    • Pietro Scognamiglio
    Per un compleanno speciale, i 40 anni, Gigi Buffon si è regalato una prospettiva inedita: la panchina. Guardare da bordo campo un altro che indossa i guantoni non è mai stato il suo sport, a partire da quando gli venne chiesto per la prima volta: “Ti senti pronto?”. A domandarglielo Nevio Scala, allenatore del Parma che – secondo la leggenda del 17 novembre 1995, al Tardini c’era il Milan –  si sentì rispondere “sono sempre pronto”. Da spavaldo diciassettenne, per rompere gli indugi. E per dare così il via, chiudendo la porta in faccia a Roberto Baggio e Weah, a un’avventura che siamo ancora qui a raccontare. La sensazione è che non si tratti dell’ultima puntata, nonostante l’addio in lacrime alla Nazionale dopo la disfatta contro la Svezia avrebbe potuto chiudere già il cerchio. Se ci fosse un euro in tasca, non lo punteremmo sul ritiro di Buffon a fine stagione. Risalire dopo le cadute, mettendoci la faccia, resta il filo conduttore dell’uomo prima che dell’atleta. Dimensioni che si sovrappongono.

    I COLORI - L’azzurro è una delle poche tonalità nette della carriera di Gigi Buffon, decorata allo stesso tempo da tante sfumature. Azzurro come il cielo di Berlino a luglio 2006, l’Italia sulla vetta del mondo grazie anche alle sue parate, In copertina contro la Germania in semifinale, poi su Zidane. L’estate post Mondiale è quella della scelta definitiva: legarsi a una sola maglia, fino alla fine, sposando la Juventus anche nella discesa catartica in Serie B. Un investimento i cui ricchi dividendi saranno distribuiti negli anni successivi. 

    SOGNANDO KIEV - A una bacheca stracolma di trofei, riconoscimenti, primati, manca quella Champions League sfuggita in tre occasioni. Cardiff sembrava la volta buona, dopo le delusioni del 2003 e del 2015. Tirava un’aria propizia, ne venne invece fuori una nottata da incubo e l’amara sensazione di cadere a pochi metri dal traguardo. Senza perdere di vista il record del settimo scudetto di fila, il trono d’Europa rappresenta forse lo stimolo più pungente per far alzare Gigi Buffon da quella panchina innaturalmente occupata al Bentegodi.  La prospettiva inizia a rovesciarsi, rispetto a un’annata che molti avevano inteso come l’ultima passerella: chiudere in gloria a Kiev, o riprovarci. Con il conforto di potersi gestire, perché alle spalle c’è un altro titolare come Szczesny che brilla nelle prestazioni e nel buon senso. Perché selezionare gli impegni è il segreto della longevità agonistica, è la tattica di Roger Federer. Può diventare la strada per goderci un altro anno di Buffon. 

    @pietroscogna

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