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Buffon: 'Vorrei giocare ancora, ma solo alla Juventus se vuole. Poi mi vedo ct'
Il suo lungo infortunio non ha nascosto l’angoscia del vuoto, il sopraggiungere di una fragilità improvvisa?
"Nella vita nulla accade per caso. La sosta mi ha fatto bene, mi ha inviato un messaggio chiaro, mi ha costretto a pensare. Oggi sento dentro di me un desiderio di competere anomalo per la mia età".
Addio al sesto Mondiale che sarebbe stata una meta mai guadagnata da nessuno, addio al record di presenze in Serie A. Rispetto a settembre il copione è stato stravolto. Non mi dica che ha cambiato idea sui tempi del ritiro. Vuole giocare un’altra stagione? "Incontrerò presto il presidente Andrea Agnelli e ne parleremo. Voglio il bene della squadra, capire che tipo di vestito posso indossare, se la Juventus pensa che io possa essere ancora importante. Mi piacerebbe, ma la soluzione migliore va trovata con la società. Dobbiamo costruire assieme, se possibile, un percorso logico e condiviso. Certo è che non voglio diventare un problema né per la Juve né per i miei compagni".
Sarebbe disposto ad accettare anche un’alternanza tra i pali con Szcsesny?
"Ho sempre dato spazio agli altri. Sono contento per Tek. È un grande portiere e se dovessimo vincere il campionato gran parte del merito sarà suo. Come suo sarà il futuro".
Se Agnelli le opponesse un rifiuto, andrebbe da un'altra parte?
"La Juve o nulla".
Sia sincero. Ricorderà senza dubbio le critiche a Zoff quarantenne. Quanti solchi scava il tempo sui muscoli e i riflessi di un portiere?
"È una risposta che mi crea imbarazzo e disagio. Non voglio passare per un vecchiaccio che mente persino a sé stesso per aggrapparsi con le unghie e i denti al suo monumento e alla pagnotta. In questa stagione ho fatto un'imperfezione contro l'Atalanta e un errore su punizione con la Spagna. Ho giocato partite da fenomeno, altre normali, altre ancora magari modeste, eppure la Fifa mi ha premiato come il miglior portiere del 2017. Mi sento come mi sentivo sei, sette anni fa. È la risposta vera. Se non la convinco chieda un giudizio ai miei allenatori, loro mi valutano in campo ogni giorno".
Mi fido, ma portiamoci avanti. Che cosa farà nella prossima vita?
"Ancora non ci ho pensato. Qualche giorno fa ho chiesto consiglio a Lippi. Ci siamo sentiti al telefono. Prenditi un anno sabbatico, mi ha detto Marcello, guarda il mondo del calcio dall’esterno e con un po' di distacco, cerca di capire che cosa ti interessa veramente. Glielo ripeto: non cerco un porto sicuro, meglio avere addosso un po' d'ansia. Ho sempre convissuto con la paura, invecchiando ho imparato a tenerla a bada, sono diventato più umile. Dopo, mi rimetterò a lavorare. Tutto qui".
La ritroveremo in tuta o in giacca e cravatta a fare l'allenatore?
"Se succederà non sarò l'allenatore di un club. Ho una compagna, tre figli che adoro e alle spalle ventotto anni di vita quotidiana organizzata dagli altri minuto dopo minuto. Vorrei prendermi il lusso della noia. Ci sono momenti nel quali desidero essere solo, ma solo solo. Mezze giornate mie in cui posso fare di tutto, durante le quali nulla mi è proibito".
Ci sarebbe la panchina di commissario tecnico della Nazionale. Ci ha fatto un pensiero?
"Ecco, un incarico da ct non mi dispiacerebbe. È un impegno stimolante, con una responsabilità istituzionale e educativa. Rappresenti un paese intero. Unisci, non dividi".
La sua è una candidatura per guidare l'Italia?
"No. Ho detto che mi piacerebbe fare il ct di nazionali, non degli azzurri".