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    Bucciantini: la Nostra Coppa Italiana

    Bucciantini: la Nostra Coppa Italiana

    Eccola, la Coppa Italia, perfetta, come voluta da lorsignori, “il torneo più antidemocratico che esista”, lo ha inquadrato Sarri, il tecnico dell’Empoli: ce n’è bisogno come del pane di un tipo così, che insegna calcio, cerca idee e parole diverse. È stato eliminato da un rigore che ha sollevato l’indignazione perfino dei tifosi della squadra che ne ha giovato. Si chiama Coppa Italia e il nome è un calco perfetto: è tipica, è nostrana, servile verso i potenti, cinica con i deboli. Apparecchiata per far ben figurare chi già è fornito dei migliori argomenti. Cose note, le squadre più forti (certificate dalla classifica) giocano in casa, turno secco, e gli arbitri piallano la voglia delle squadre che cercano una piccola rivoluzione all’ordine prestabilito. Del rigore per la Roma si è detto, quello per la Fiorentina è inesistente, quello per il Napoli è opaco (e bravo Stramaccioni che evita d’intingere la testa negli episodi pur di indugiare sulla sua buona squadra di questo giovedì sera, dove anche il Napoli – va detto – crea molto gioco). Ma resta la brutta impressione di una gestione complessiva della severità che condanna gli arbitri, sudditi delle loro stesse ambizioni. 

    Eccoli, i nostri stadi pressoché vuoti, che formula azzeccata: il Friuli, il Castellani, il Bentegodi sarebbero stati probabilmente pieni. Ma cosa importa: la partita non si vende al botteghino, si vende alla televisione. Eppure – escluso la premier – tutti i dati mostrano che lo scarto fra gli introiti delle squadre italiane e quelle straniere si divarica proprio nelle presenze sugli spalti, e non nella generosità delle tv. Ma perché copiare gli esempi migliori, come la magnifica FA Cup, un torneo che è una autentica pubblicità di un movimento in tutta la sua ampiezza e profondità, che è cultura, territorio, possibilità (anche per le realtà marginali)? Perché azzardare soluzioni innovative, come la tecnologia in aiuto degli arbitri, questi arbitri super sindacalizzati, aumentano ogni anno, sono sei e sbagliano con scientifica coerenza, nemmeno un paio d’occhi che si sgranano davanti a certe nefandezze. Niente, va bene così, lo ripetiamo: la Coppa Italia è il perfetto prodotto di una mentalità, è un bignami di vizi non solo sportivi. Questi tre giorni sono stati per certi versi ideali: sono lo specchio dove guardarsi. Anche tutte queste decisioni sbagliate dureranno assai meno che se fossero stati a vittime invertite: perfino nel lamento è più interessante la voce più forte, anche se – per definizione – è assai meno sincera.

    Eccoli, gli allenatori, che non parlano mai degli arbitri, anzi, ne parlano solo quando si sentono derubati, altrimenti preferiscono non fare polemiche, che finezza: ma non è eleganza, è arroganza. È bello tenere la testa alta, il dito puntato. Serve la voce di traverso quando intorno fanno tutti i pompieri, perché lo spettacolo vada avanti così com’è preparato. Ma se quel dito si chiude, quella testa si abbassa (e si volta dall’altra parte) e quella voce si distrae quando c’è il guadagno, allora è una pena, è tornaconto, è furbizia, e non c’è bisogno di importarla, ne siamo forniti in abbondanza, da queste parti, in questa Coppa Italia, anzi, Italiana.

    Marco Bucciantini

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