Bordin a CM: 'Che sorpresa il calcio in Moldavia! Alle italiane consiglio...'
Com’è nata l’opportunità di allenare lo Sheriff Tiraspol?
"Ho ricevuto la chiamata nell’ottobre 2016. Inizialmente, mi sono recato a Tiraspol per valutare di persona gli impianti e tutto ciò che riguarda il mondo Sheriff. Devo dire che sono rimasto davvero sorpreso dalle strutture e dall’organizzazione: abbiamo a disposizione un centro sportivo all’avanguardia con oltre 20 campi da gioco e 2 stadi. Inoltre ho parlato anche Artur Ionita, che ho allenato all’Hellas Verona (Bordin era il vice di Mandorlini, ndr). Mi ha consigliato caldamente di accettare la proposta perché sa che il club è ambizioso: il presidente Victor Gusan vuole vincere. L’obiettivo è crescere e ben figurare non solo nel campionato moldavo ma anche nelle competizioni europee. Abbiamo vissuto un anno veramente importante con la conquista di due titoli e della coppa nazionale, oltre ai 9 punti conquistati nei gironi di Europa League".
Com’è stato l’impatto con la realtà di Tiraspol?
"Sul piano linguistico, utilizzo molto l’inglese, anche se ho un interprete con me. In questa zona della Moldavia si parla il russo e nel corso della mia permanenza qui ho imparato le parole fondamentali del gergo calcistico. La comunicazione con i calciatori è un mix di varie lingue. Per quanto riguarda l’ambiente, all’inizio vivevo nel centro sportivo con il mio staff e ho vissuto poco la città. Ora mi sono trasferito in centro e mi trovo bene. Sono molto soddisfatto della scelta fatta".
Quali sono i segreti della sua squadra?
"Siamo partiti con un 4-3-3 molto offensivo e abbiamo realizzato molti gol in campionato. Poi, durante la stagione, ho deciso di cambiare e siamo passati al 3-5-2, con il quale riusciamo a coprire bene il campo nelle due fasi di gioco. Ho cercato di trasmette l’idea di squadra duttile in grado di cambiare modulo in base all’avversario. La mia idea di calcio si basa sul pressing alto per andare subito alla riconquista della palla; poi dobbiamo produrre un buon possesso. Grazie a una rosa di qualità siamo riusciti a segnare tanti gol. Un modello? Mandorlini, di cui sono stato il vice per 10 anni".
Ci racconta il calcio in Moldavia?
"Ogni anno, 4 o 5 squadre si contendono il titolo fino alla fine. Si tratta di un campionato molto competitivo con squadre molto ostiche. La federazione ha deciso di cambiare format e devo dire che sono cambiate molte cose: dal periodo in cui si gioca il campionato al numero di giocatori a disposizione. È stato infatti ridotto il numero di elementi in panchina, un limite perché non posso sfruttare tutte le potenzialità della mia rosa. Un aspetto molto positivo è, invece, l’obbligo di schierare almeno 4 moldavi e 2 elementi dal 1996 in su in campo: una regola ad hoc per valorizzare il calcio locale e far crescere i giovani".
Uno dei giocatori fondamentali della sua squadra è il centrocampista croato Josip Brezovec, vecchia conoscenza del calcio italiano. Può tornare in Italia?
"Josip sta facendo molto bene. Si tratta di un centrocampista molto offensivo. Quando l’ho conosciuto a La Spezia giocava in diversi ruoli del centrocampo. Ho deciso di schierarlo come mezzala offensiva per sfruttare le sue doti tecniche. In questo modo ha più possibilità di andare in gol. Di sicuro è un elemento molto importante. Ho la fortuna di allenarlo e mi auguro possa rimanere, ma so che ci sono tante richieste da molti campionati europei, come per esempio quella del Rijeka. Non credo tornerà in Italia".
C’è qualche elemento valido che vuole consigliare alle squadre italiane?
"Ho a disposizione due giovani molto interessanti: si tratta di Vitalie Damascan ed Evghni Oancea. Il primo è un classe 1999 ed il capocannoniere della mia squadra; nonostante i 18 anni ha già fatto molto bene nelle ultime due stagioni. Oancea è una mezzala offensiva, classe ’96, che si è messo in evidenza grazie a reti determinanti in sfide delicate. Si tratta di due calciatori molto validi con ampi margini di miglioramento. Se parliamo di calciatori già pronti, consiglio i brasiliani Jairo e Cristiano da Silva. Il primo è un attaccante molto forte sia fisicamente che tecnicamente, mentre il secondo è un terzino mancino dotato di grande corsa. Secondo me questi due ragazzi potrebbe già ben figurare in Serie A".
Come giudica l’esperienza in Europa League?
"Molto positiva. Si tratta della prima da capo allenatore. Abbiamo fatto bene all’esordio contro lo Zlin, dove potevamo ottenere di più, e poi abbiamo preparato con tranquillità tutte le altre partite. Ho adottato il turnover perché il titolo era in bilico e dovevo stare attento a dosare le forze. L’obiettivo era vincere il campionato e ben figurare in Europa. Abbiamo fatto bene nelle due competizioni anche se resta l’amarezza per aver portato a casa 9 punti e non essere riusciti a conquistare il pass per i sedicesimi di finale. Un bottino importante per il club, che per la prima volta raggiunge questo score".
Quanto è importante per Lei l’avventura in Moldavia sia a livello personale che professionale?
"Sono molto contento perché questa società mi ha dato la possibilità di mettermi in gioco. Ho conosciuto persone molto preparate in un ambiente all’avanguardia. Ho avuto la fortuna di trovare un ambiente in cui sono riuscito a trovare i giusti compromessi tra le loro abitudini e la mia esperienza italiana. Un mix di cose che ha funzionato. Ho portato qui il modo in cui noi viviamo il calcio".
Lei è entrato a far parte della lunga lista di allenatori italiani che sono riusciti a trionfare all’estero. Esiste un segreto? "Secondo me non è una cosa che riguarda solamente gli allenatori italiani. Nel calcio di oggi, bisogna curare ogni minimo particolare e prepararsi tatticamente e fisicamente, oltre trovare stimoli nuovi sia a livello tattico e psicologico, con la gestione dello spogliatoio che rappresenta un aspetto fondamentale. Il segreto del successo sta nella cultura del lavoro. I risultati si raggiungono solo con il sudore. Non sempre vinci, ma l’importante è sempre dare il massimo".
@AleDeFelice24