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    Boom di regional partnership in Asia: così i club italiani vanno oltre i divieti anti-betting del Decreto Dignità

    Boom di regional partnership in Asia: così i club italiani vanno oltre i divieti anti-betting del Decreto Dignità

    • Marcel Vulpis
      Marcel Vulpis
    L’ultimo annuncio, in ordine di tempo, porta la firma del Torino, che ha ufficializzato un nuovo regional partner (tecnicamente è un accordo commerciale attivato all’interno di specifici mercati geografici). Parliamo dell’azienda di scommesse sportive 2121.com, legatasi al marchio granata per una serie di attività di fan engagement sul continente asiatico. E’ il secondo regional partner del Toro di Urbano Cairo dopo la firma, nella precedente stagione, di Wanmei Sports (sempre nel mercato del betting). In questo stesso periodo la Roma di Josè Mourinho ha presentato l’accordo con 678.com sempre in Asia. 

    Le ragioni dell’improvviso boom di accordi in Oriente, con marchi del gambling, sono diverse e fanno parte di una precisa strategia. Sono un acceleratore per l’internazionalizzazione del marchi di calcio all’estero, ma la motivazione principale è da cercare nella volontà di recuperare risorse economiche dopo il blocco del cosiddetto Decreto Dignità, diventato operativo nell’inverno 2019, con l’uscita forzata, dal mercato del pallone, di tutte quelle realtà, che, a vario titolo, fino a quel momento, avevano sponsorizzato le maglie dei club. All’appello, rispetto al periodo precedente, mancano non meno di 80 milioni di euro (considerando gli investimenti attivati nelle tre serie professionistiche), ma si arriva a superare il tetto record di 200 milioni di euro se prendiamo in considerazione anche le attività pubblicitarie tradizionali (sui diversi mezzi). 

    Dopo diversi mesi di stallo, alcuni marchi del betting hanno iniziato ad apparire negli stadi legando il proprio nome esclusivamente a concetti di infotainment (da qui la nascita di portali di aziende di scommesse che hanno utilizzato il .live, .tv, .info e .news, al posto del tradizionale “.it” per poter operare sul territorio nazionale). Parliamo di progetti editoriali dove il riferimento al brand di partenza era più che visibile, ma all’interno di questi siti non si poteva far riferimento a quote e link su scommesse specifiche (non era consentita la promozione del gioco). 

    Il passaggio successivo, per intercettare ulteriori e nuovi budget, è stato aprirsi ad accordi sui mercati esteri senza darne troppa pubblicità a livello interno. L’Asia è diventato il nuovo polo aggregatore di questa tipologia di contratti (con valori economici compresi tra 200mila euro e il milione come nel caso dei top club). Sono operazioni che hanno aiutato a tamponare l’emorragia creatasi post Decreto Dignità, ma è chiaro che, per tornare ai fasti economici del passato, sarebbe necessario un intervento netto da parte dell’attuale Governo: ovvero emanare nuove norme nell’ottica di una maggiore liberalizzazione del mercato. 

    Al momento, però, nonostante le iniziali dichiarazioni a favore del betting, portate avanti da diverse forze politiche (con particolare attenzione al centro-destra), resta ancora in vigore un provvedimento legislativo, che, di fatto, limita le prospettive di sviluppo di tanti progetti calcistici. La firma di questa tipologia di format commerciale, in chiave betting, da parte di grandi (tra questi Juventus, Inter, Milan, Atalanta, Roma e Lazio) e piccoli club, conferma le difficoltà economiche di un settore (il mercato della Serie A), che non può, in alcun modo, permettersi di rinunciare ad uno dei comparti pubblicitari più floridi. E tra un paio di stagioni il “modello italiano” verrà replicato anche nel Regno Unito, dove il Decreto Dignità  entrerà in vigore, opportunamente ottimizzato per il territorio in esame, in English Premier League
     

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