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    Bernardini: Juve, lo scherzo Quagliarella

    Bernardini: Juve, lo scherzo Quagliarella

    In punizione, dietro la lavagna, con in testa il cappello dell’asino. Accadeva nelle scuole prima della “rivoluzione” del Sessantotto e specialmente ai bimbetti delle elementari la cui educazione veniva affidata a maestri cresciuti sotto il segno autoritario dell’obbedienza senza se e senza ma. Un sistema pedagogico che resiste ancora nel calcio alla voce ritiro forzato. E’ toccato a tutti doverlo subire, almeno una volta, in carriera. La Juventus è l’ultima della lista con i suoi “stipendiati” in ostaggio più che altro dei loro fantasmi e dei loro sensi di colpa dopo la  figuraccia rimediata contro il Sassuolo. Una “blindatura” che, forse, avrebbe un senso se i giocatori bianconeri, come quelli delle altre squadre, fossero ragazzini birbantelli. Da Buffon in avanti, invece, trattasi di professionisti la cui serietà e la cui applicazione dovrebbero essere direttamente proporzionali  ai loro compensi economici. Sicchè, sono convinto che una trattenuta sulle singole buste paga di fine mese andrebbe a scuotere i “belli addormentati” molto più di ciò che farà l’isolamento collegiale prima di un impegno cruciale e scivoloso come quello del derby con il Torino.

    Un appuntamento il cui significato e la cui suggestione emotiva storicamente sono sempre andate oltre lo stereotipo della canonica partita e persino della stracittadina. Giampiero Boniperti, in qualità più di tifoso che non di presidente, ha sempre confidato che fosse dipeso da lui avrebbe eliminato dal calendario due partite: quella di andata e di ritorno tra granata e bianconeri. Per Umberto Agnelli, padre di Andrea, la questione avrebbe dovuto risolversi in maniera più radicale: fondendo le due entità in una soltanto. Gianni Agnelli ragionava in termini addirittura costituzionali affermando che “questa sfida non soltanto non dovrebbe esistere ma andrebbe cancellata con una legge speciale”. Una sorta di autentico “babau”, soprattutto per l’esercito bianconero e per il suo popolo, la cui esistenza veniva riassunta così dallo stesso Avvocato: “Se vinciamo noi rientra tutto quanto nella sfera delle cose normali. Se, per caso, vincono loro ci rompono le palle sino alla volta successiva”. Così, più o meno e salva fatta la parentesi scritta dagli “invincibili” di Superga, è sempre andata. Così, c’è da prevedere, continuerà ad andare. Domani sera, però, sarà ancora diverso e la specialità della casa “made in Piemont” in salsa calcistica potrebbe rivelarsi più rocambolesca del solito.

    Domani alle ore 18, mentre le due squadre scenderanno in campo, in tutto il mondo si aprirà ufficialmente l’ennesima notte di Hallowen. Un rito inizialmente sospeso tra religione e superstizione, che ha ormai perduto le sue connotazioni originali celtiche per trasformarsi, passando per gli Usa, in un fenomeno mediatico laico e commerciale. Della festa, chiamiamola così, è rimasto lo slogan principale “trick or treat’” e cioè la classica frase “dolcetto o scherzetto?” che i bambini pronunciano a chi apre loro le porte di casa. Guai a non consegnare un qualche cosa di gradito ai fanciulli postulanti. Tremende jatture e assortite maledizioni ricadrebbero sul capo di scettici e miscredenti con disastrose conseguenze. Il perché è facile da capire. Quella di Hallowen è la notte delle streghe. Anche a Torino, città paranormale per eccellenza, zona Stadium e dintorni dove la Juventus dovrà fare molta attenzione prima di rispondere alla domanda che gli verrà formulata dal capo della spedizione granata. I bianconeri dovranno essere molto bravi per scoprire chi si nasconde dentro quella zucca vuota e per esorcizzare quel demonio dalla voce parecchio famigliare. Se dovessero fallire sarebbero guai seri per loro che, uscendo dal campo, nell’avversario “mortale” che si toglie di dosso la zucca per ironia della sorte riconoscerebbero Quagliarella. 

    Marco Bernardini

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