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  • Bernardini: i 120 anni della sorella radio, voce del calcio e dello sport

    Bernardini: i 120 anni della sorella radio, voce del calcio e dello sport

    L’otto dicembre 1895, cento e venti anni fa, Guglielmo Marconi in località Villa Grifoni oggi conosciuta come Sasso Marconi fece trillare tre campanelli piazzati a notevole distanza l’uno dall’altro. Gli storici più pignoli e sofisticati fanno risalire a quel momento, sicuramente storico, la nascita della radio come strumento di comunicazione. Ci vollero ancora una ventina d’anni prima che quel sistema rivoluzionario potesse essere perfezionato e fosse in grado di inviare in onda la prima trasmissione ufficiale della storia italiana. Si trattava del cinguettio di un uccellino che offriva agli ascoltatori il segnale orario intervallato da due notiziari quotidiani, alle ore 12 il prino e alle 19,30 il secondo. La gente, in casa, cominciò a sentirsi meno sola.

    Forse Pippo Baudo o forse Enzo Arbore. Da uno di loro due venne creata la definizione di “Mamma Rai”. Ma la mamma, soprattutto per noi italiani, è un’icona troppo importante e non ci va di condividerla. Diciamo che il termine “sorella” sarebbe più consono e assai meno impegnativo. Per i figli unici come me, poi ancora di più rammentando la necessità di una presenza inesistente in grado di tenermi compagnia quando, i genitori al lavoro, rimanevo solo a casa. Provvedeva lei, sorella maggiore, a fare in modo che i minuti non sembrassero ore e le ore giorni. Lei con quella lucina rossa sempre accesa come il cuore di un folletto gentile. Poi dal futuro arrivò la televisione. Povera radio destinata all’estinzione, dicevano allestendo il requiem. Mai previsione fu così stramba e fasulla. La tivvù non ha un cuore. La puoi guardare senza vederla. La radio non puoi ascoltare senza sentirla. La prima ti scivola sulla pelle e brucia tutto. La seconda ti entra dentro e ti permette di riflettere. Due film completamente differenti.

    Un giorno chiesi al re indiscusso della televisione, Mike Bongiorno, cosa di più prezioso custodisse nel suo personale scrigno dei ricordi professionali. Non esitò un solo istante e mi confidò che i suoi periodi veramente felici erano stati due. Il primo quando, giovane cronista negli Usa dopo il praticantato come reporter a “La Stampa” di Torino , scriveva le corrispondenze per “Tuttosport” su importanti match di pugilato. Il secondo per il periodo in cui, richiamato in Italia dal direttore Vittorio Veltroni (il babbo di Walter) lavorava per la radio intervistando i personaggi famosi che transitavano da Roma Termini. E fu proprio per la radio che, di lì a poco tempo, inventò il suo primo show-quiz. Ma il mio grande amore, concluse, rimarrà per sempre la radio. E se a confessarlo era il signor televisione….

    “Un uomo solo al comando. Ha la maglia celeste come il cielo. Il suo nome è Fausto Coppi”. Non credo di aver sognato quella voce. Non sarebbe stato possibile. Eppure, anche se avevo soltanto tre anni, quelle parole che mi arrivavano alle orecchie dalla “scatola magica” mentre stavo giocando per terra con  i soldatini di stagno si sono insinuate e poi stampate nella mente come l’Ave Maria all’oratorio. Più che altro, questo lo ricordo bene, mio padre e mia madre erano felici  e di conseguenza lo ero pure io. Anche se, francamente, non capivo granchè di quel che stesse accadendo. Ma se la “sorella radio” con la voce del mitico Mario Ferretti portava così tanta gioia in famiglia, allora che fosse la benvenuta. Del resto lei stessa non impiegò più di tanto a trasformarsi in “una di casa”. Musica, parole, qualche scricchiolio hertziano tra una notizia bella e una brutta, il solito uccellino, nonno con l’orecchio quasi appiccicato, nonna che commentava a voce bassa e persino il cane,  Fritz, che rizzava le orecchie se sentiva abbaiare. Era lei che raccontava. Persuasiva ma non invasiva. E quando taceva il silenzio pesava.

    Lo sport, infine. Il fiore all’occhiello. Le biciclette per l’Italia descritte da Adone Carapezzi e il giovane De Zan con il sudore seccato sui visi coperti di fango narrati da Zavoli . La boxe, quella vera, e l’atletica per la nobile e cada vice di Paolo Rosi. Il trotto e il galoppo dei cavalli contrappuntati dalla competenza di Giubilo. Eppoi  il pallone. Un trionfo di favole che non potevi vedere ma le cui immagini, egualmente, ti traversavano la mente per la bravura di Niccolò Carosio e dei suoi legittimi eredi. Bortoluzzi, Ameri, Ciotti, Boscione e anche lei la prima telecronista donna Nicoletta Crifoni. Era la squadra, sempre vincente, di “Tutto il calcio minuto per minuto” che per anni ebbe un effetto quasi taumaturgico per le famiglie italiane. C’era la partita allo stadio? Ebbene, nessun problema. Tutti al parco: I figli con il gelato, le moglie non più sole e incazzate come cantava Rita Pavone, i mariti con la faccia un po’ così e un filo sottile che penzolava dall’orecchio destro fin dentro la tasca della giacca. Era la figlia giapponese  di “sorella radio”. Era la signorina transistor.

    Marco Bernardini

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