Bernardini: Dybala come Baggio e Sivori
Ancora un poco di pazienza e poi saremo in grado di verificare con certezza in quale stato si trova il cuore di Paolo Dybala. Ovviamente e per rassicurare gli appassionati del bel calcio d’autore l’esame non riguarderà o stato di salute fisica del giovane campione argentino, bensì la sua condizione emotiva. Ad una certa età ancora verde come la sua, infatti, il rischio di essere abbastanza fragili e non del tutto immuni al richiamo dei sentimenti è un rischio che va messo in conto. Di certo occorrerebbe essere “dentro” l’attaccante della Juventus per capire suoi probabili turbamenti e le possibili accelerazioni cardiache nel preciso istante in cui sbucherà dal sottopasso de “La Favorita” per andarsi a sistemare a centrocampo. I “ritorni” fanno sempre un certo effetto sulle persone provviste di una certa sensibilità. Una qualità interiore che a Paolo non manca. Bene o male, infatti, se in così poco tempo Dybala è riuscito a scalare la parete del successo professionale in una certa misura lo deve al Palermo, alla sua gente e al presidente Zamparini. Va detto che la permanenza in rosanero del giocatore non è stata così lunga da legittimare una radicalizzazione troppo profonda del suo “ego” nel terreno e nella cultura isolana. Ma occorre anche ricordare che la Sicilia e i siciliani, provvisti di un calore umano molto speciale, difficilmente lasciano indifferenti coloro i quali hanno la fortuna di frequentarli e di viverli. “Al Sud si piange due volte. Quando si arriva e quando si deve partire”: e non si tratta soltanto di una felice battuta di un film.
Una storia, questa di Dybala, preceduta nel tempo da altre simili e famose avventure il cui ricordo offre l’opportunità di verificare come la reazione in casi del genere possa essere non solo diversa ma addirittura opposta. E, guarda caso, entrambi gli esempi riguardano altrettanti “numeri 10”. Partendo da più lontano è possibile andare nelle cineteche dell’epoca per rivedere uno storico scontro tra Napoli e Juventus dove Omar Sivori in campo vestiva la maglia azzurra. Era la prima volta che ”el cabezon” incontrava il “grande amore” che era stato costretto a lasciare per colpa di un certo Heriberto Herrera. Ebbene, quel pomeriggio, Omar fece ammattire il povero Erminio Favalli che era stato vanamente sacrificato alla custodia dell’argentino, segnò il gol della vittoria napoletana e, prima del fischio finale, mirò alla panchina centrando in pieno il viso di Heriberto. E’ storia.
Un balzo in avanti per arrivare a Roberto Baggio e alla domenica in cui fece ritorno a Firenze vestito di bianconero. Un campione in stato di assoluta trance, con il volto stranito e con le gambe molli. Ecco chi era il “Divin Codino", quel pomeriggio. Non solo. Essendoci un rigore a favore della Juventus, lui era il primo deputato a sbrigare quella faccenda dal dischetto. Ebbene, tra la sorpresa degli stessi tifosi viola che poi si trasformò subito in un’ovazione, Baggio si rivolse alla sua panchina informando il tecnico Gigi Maifredi che lui quel penalty non l’avrebbe tirato. Dal dischetto calciò De Agostini e sbagliò. Baggio venne sostituito e, uscendo, raccolse da terra una sciarpa viola, se la mise intorno al collo e fece il giro del campo lentamente mentre il “Franchi” esplodeva come dopo un gol. Anche questa è storia.
Allora, sarà forse per evitare certi traumi emotivi e il successivo “check up” al cuore che campioni come Boniperti, Rivera, Mazzola, Antognoni, Gigi Riva, Beppe Furino, Paolo Maldini, lo stesso Platini italiano e altri pochissimi non hanno mai voluto cambiare maglia. Per ciò che riguarda Paolo Dybala, beh ancora qualche ora di pazienza e poi vedremo.
Marco Bernardini