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    Bernardeschi, l’eroe oscuro dell’Europeo: un anno di insulti, che coraggio tirare quei due rigori

    Bernardeschi, l’eroe oscuro dell’Europeo: un anno di insulti, che coraggio tirare quei due rigori

    • Stefano Agresti
      Stefano Agresti
    In queste ore di meravigliosa euforia, tanti campioni d’Europa - celebrati giustamente sulla pubblica piazza - vengono definiti con termini roboanti e talora esagerati. Eroi addirittura. Dal mago Mancini a Donnarumma, fino al capitano Chiellini e a Jorginho, la nostra Nazionale è ricca di professionisti e campioni che hanno compiuto un’impresa sportiva eccezionale, senza alcun atto di eroismo. C’è però un giocatore che un po’ eroe lo è davvero: Federico Bernardeschi.

    Per lo strano meccanismo che a volte prende possesso della mente delle persone - soprattutto di chi la mente ce l’ha disturbata - Bernardeschi negli ultimi mesi è stato spesso sommerso di insulti: perché giocava male, perché la Juve perdeva, per il semplice fatto di essere stato inserito da Mancini nell’elenco dei ventisei azzurri. Il clima che si è creato attorno a lui è stato a momenti indegno di una società civile. E non può certamente valere la regola secondo la quale, guadagnando tantissimo (quattro milioni netti a stagione), deve saper sopportare quella valanga di cattiverie, per di più senza soffrirne: gli uomini hanno sentimenti e debolezze anche quando vengono coperti d’oro.

    Abbiamo sempre pensato (e scritto) che Bernardeschi sia in possesso di tutte le doti del campione, dai piedi preziosi a un fisico ideale, e che abbia faticato a affermarsi nella Juve forse per una questione di personalità. Ebbene, in questo Europeo ha invece tirato fuori proprio questa qualità che non gli riconoscevamo: la personalità. L’ha sempre avuta? L’ha trovata adesso per superare le difficoltà? Non lo sappiamo, e forse non lo sa nemmeno lui. Di sicuro ha mostrato coraggio e attributi quando è andato a calciare quei due rigori che valevano un pezzo di Europeo, prima contro la Spagna e poi contro l’Inghilterra.

    Tirare un rigore che vale una coppa non è facile per nessuno, ma è infinitamente più semplice per chi va sul dischetto forte di un percorso positivo. Se il rigore decisivo lo avesse sbagliato Jorginho o Bonucci, ad esempio, chi avrebbe potuto gettargli la croce addosso? Pensate invece a cosa sarebbe potuto succedere a Bernardeschi nel caso in cui un suo errore avesse privato l’Italia della finale o addirittura del titolo europeo. Le menti malate erano già pronte, con le dita sulla tastiera. Quando invece il rigore di Federico è finito in rete, e poi è arrivato il trionfo azzurro, sono scese anche loro in strada a festeggiare. Da vigliacche quali sono, pronte al prossimo insulto.

    @steagresti
     

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