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Berlusconi, il crollo di un impero
Sembra che il tempo ad Arcore si sia fermato al 2007, quando a maggio, grazie alla doppietta di Inzaghi, il Milan vinceva la sua settima Coppa dei Campioni, mentre a novembre con il "discorso del predellino" Berlusconi scioglieva Forza Italia creando il Popolo delle Libertà, destinato poi alla vittoria nelle elezioni politiche del 2008. Mediaset intanto distribuiva 0,43 centesimi per azione di dividendo, il suo massimo storico da quando la società è quotata alla Borsa valori di Milano. Tale dividendo permetteva al presidente di ricevere una cifra superiore ai 200 milioni di euro; quest'anno, per via della crisi che ha colpito nell'ultimo decennio le televisioni generaliste, il dividendo di Mediaset sarà di solo 0,02 centesimi di euro, poco meno di 10 milioni di incasso per Berlusconi, meno di quanto necessario per l'assegno che il Cavaliere deve versare all'ex-moglie Veronica Lario.
È qui che cominciano i veri problemi societari del Milan; passare da incassi relativi alla propria attività imprenditoriale superiori a 200 milioni a soli 10, vuol dire che per poter compiere qualsiasi nuovo investimento significativo si rischia di intaccare il patrimonio personale. E quando si deve attingere al proprio patrimonio personale, gli obiettivi diventano sempre più di breve periodo, non si riesce più a pianificare e le colpe ricadono immediatamente su tecnici e dirigenti non all'altezza della situazione. E' molto probabile che per via di questa drastica diminuzione negli incassi dei dividendi si stia continuando a sperare nell'utopistico miliardo di valutazione che Mr Bee sarebbe disposto a far spendere a non precisati investitori orientali. È di ieri l'indiscrezione del Sole 24 Ore che la Galatioto Partners Sport sta cercando investitori asiatici per rilevare la totalità della società rossonera, valutandola più realisticamente, ma ancora ottimisticamente, 650 milioni di euro.
Questo valore permetterebbe ai nuovi proprietari di risparmiare le risorse necessarie alla rifondazione della rosa, visto che oramai i principali club europei spendono fino a 200 milioni a campagna acquisti, per poter cominciare ad essere competitivo almeno a livello nazionale, come fece proprio Berlusconi alla fine degli anni 80' interrompendo l'egemonia della Juventus bonipertiana. L'alternativa è ripercorrere, ma allo stesso tempo stravolgere, la strategia degli ultimi anni. Una strategia fatta di scommesse: fino ad oggi su tecnici e calciatori di nome ma spesso in cerca di rilancio, acquistati o presi in prestito un po' alla rinfusa; da domani ipoteticamente centrata su un piano almeno triennale di rilancio, basato sul sacrificio dei pezzi pregiati (Donnarumma, Bonaventura, De Sciglio), sulla crescita dei giovani (Calabria, Locatelli), su un impianto di squadra e di mercato più ragionevole (almeno tre acquisti in difesa e due a centrocampo), su un tecnico affidabilee in grado di dare un'identità al gioco dei rossoneri.
Tempo, pazienza, probabili alti e bassi iniziali, uno, forse due campionati anonimi. L'amore e le energie del quasi ottantenne Presidente saranno così forti da permettergli il rilancio? In tutta onestà anche la barcollante struttura societaria, oramai orfana di figure di primo piano per motivi anagrafici o di competenza, fa pensare che l'uscita sostanziale, magari mitigata da qualche anno di presidenza onoraria, sia la via più probabile.
È qui che cominciano i veri problemi societari del Milan; passare da incassi relativi alla propria attività imprenditoriale superiori a 200 milioni a soli 10, vuol dire che per poter compiere qualsiasi nuovo investimento significativo si rischia di intaccare il patrimonio personale. E quando si deve attingere al proprio patrimonio personale, gli obiettivi diventano sempre più di breve periodo, non si riesce più a pianificare e le colpe ricadono immediatamente su tecnici e dirigenti non all'altezza della situazione. E' molto probabile che per via di questa drastica diminuzione negli incassi dei dividendi si stia continuando a sperare nell'utopistico miliardo di valutazione che Mr Bee sarebbe disposto a far spendere a non precisati investitori orientali. È di ieri l'indiscrezione del Sole 24 Ore che la Galatioto Partners Sport sta cercando investitori asiatici per rilevare la totalità della società rossonera, valutandola più realisticamente, ma ancora ottimisticamente, 650 milioni di euro.
Questo valore permetterebbe ai nuovi proprietari di risparmiare le risorse necessarie alla rifondazione della rosa, visto che oramai i principali club europei spendono fino a 200 milioni a campagna acquisti, per poter cominciare ad essere competitivo almeno a livello nazionale, come fece proprio Berlusconi alla fine degli anni 80' interrompendo l'egemonia della Juventus bonipertiana. L'alternativa è ripercorrere, ma allo stesso tempo stravolgere, la strategia degli ultimi anni. Una strategia fatta di scommesse: fino ad oggi su tecnici e calciatori di nome ma spesso in cerca di rilancio, acquistati o presi in prestito un po' alla rinfusa; da domani ipoteticamente centrata su un piano almeno triennale di rilancio, basato sul sacrificio dei pezzi pregiati (Donnarumma, Bonaventura, De Sciglio), sulla crescita dei giovani (Calabria, Locatelli), su un impianto di squadra e di mercato più ragionevole (almeno tre acquisti in difesa e due a centrocampo), su un tecnico affidabilee in grado di dare un'identità al gioco dei rossoneri.
Tempo, pazienza, probabili alti e bassi iniziali, uno, forse due campionati anonimi. L'amore e le energie del quasi ottantenne Presidente saranno così forti da permettergli il rilancio? In tutta onestà anche la barcollante struttura societaria, oramai orfana di figure di primo piano per motivi anagrafici o di competenza, fa pensare che l'uscita sostanziale, magari mitigata da qualche anno di presidenza onoraria, sia la via più probabile.