Getty Images
Bastoni stronca Conte: la sua Inter era normale, quella di Inzaghi è speciale
- 206
Negli ultimi anni si sono succedute due Inter, entrambe vincenti. Quella tonica, quadrata e disciplinata, guidata da Antonio Conte. E poi quella emozionale, arrembante e coinvolgente, allenata da Simone Inzaghi. Stesso modulo di base: 3-5-2, ma in campo due squadre che non presentano alcun punto comune nell’espressione del gioco. Una verità resa ancor più evidente da un interprete che si è allenato, ha giocato e vinto con entrambi i tecnici: Alessandro Bastoni.
LA DICHIARAZIONE - “Fa piacere essere un po’ la vetrina di quello che è il calcio moderno. È un’evoluzione che è arrivata con Inzaghi perché prima era il 3-5-2 classico, cosa che adesso difficilmente manteniamo. A me piace entrare in campo, allargarmi... Abbiamo un’intesa e una sintonia dove tutti sappiamo cosa farà il nostro compagno, abbiamo fiducia l’un l’altro, personalità e giocate senza paura, non il compitino".
Niente di ermetico, niente lasciato all’immaginazione. Tutto chiarissimo nel marcare una netta differenza tra l’Inter di Antonio Conte e quella di Simone Inzaghi, l’una votata all’integrale interpretazione del copione, l’altra aperta all’improvvisazione e all’estro di attori che desiderano continuamente divertirsi stupendo se stessi e la platea. Viene in mente quel battibecco tra Conte e Capello, il quale accusava il tecnico salentino di essere sprovvisto di un piano alternativo, il cosiddetto piano B. Poi c’è l’Inter di Inzaghi che in 90 minuti propone almeno 4 o 5 versioni di sé tanto da confondere allenatori esperti come Pioli che nella conferenza pre derby ha vuotato il sacco: “Veniamo da cinque derby persi, ci hanno sempre messi in difficoltà. Abbiamo provato a prenderli alto, ad aspettarli, a mandarli dentro e fuori”. Non c’è stato verso.
L’Inter di Inzaghi è così, difficile da imbrigliare e prevedere, con calciatori speciali che spingono al massimo l’interpretazione del proprio ruolo: Bastoni, Dimarco, Barella e Thuram sono quelli più ossessionati dall’idea di spazio e profondità, sempre alla continua ricerca del posto giusto sul terreno di gioco. Ma anche gli altri non scherzano. Conte era qualcosa di diverso, qualcosa di più “normale”.