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Balotelli 2.0: perché fidarci di lui
Balotelli nel 2010 lascia l’Inter a causa di un rapporto ormai logoro con l'ambiente. Vola a Manchester, sponda City, dove ad accoglierlo trova il suo mentore Roberto Mancini. Due anni e mezzo altalenanti ma conditi da un grande Europeo, quello del 2012, quando riesce a trascinare l’Italia fino alla finale, dopo una doppietta mostruosa contro la Germania, che gli vale il soprannome di SuperMario. Balotelli sembra esploso definitivamente, ma non è così. La stagione seguente non comincia bene per lui e per la squadra, fino allo strappo definitivo col tecnico: è rottura. Mario torna in Italia nel gennaio del 2013. Al Milan, squadra per la quale fa il tifo. Sei mesi da urlo con 12 gol in 13 presenze. Sembra di nuovo poter trasformare in oro ogni giocata, sembra diventato decisivo. Ancora una volta, non è così. L'annata successiva è complicata per il Milan e per la Nazionale: fuori dalle posizioni che contano con i rossoneri, naufragato ai Mondiali in Brasile con gli azzurri, con prestazioni e atteggiamenti in campo ai limiti della decenza. Balotelli ritiene di essere criticato in maniera anche troppo pesante, come se tutto dovesse sempre dipendere da lui. D'altronde, qualche anno prima, se l’era chiesto anche lui: "Why always me?". Meglio ricominciare. L’avventura al Liverpool, però, è un fallimento. Torna a casa un’altra volta, torna al Milan un’altra volta. Ma nulla va per il verso giusto: non riesce ad uscire dal limbo in cui sembra essere precipitato, anche a causa di qualche problema fisico di troppo. Poi, la svolta. Estate 2016: nessuno vuole Mario. Nessuno, tranne il Nizza che crede in lui. E fa bene: 44 gol in 66 presenze e una storica qualificazione in Champions League. Mario diventa un eroe, i tifosi lo amano tanto da dedicargli un murales su un muro del quartiere popolare Moulins.
Balotelli si è ambientato in fretta in Ligue 1, un campionato probabilmente inferiore, è vero, rispetto a Serie A e Premier League, ma pur sempre tra i top 5 europei. Un campionato comunque che sta migliorando anno dopo anno. Si è ritrovato in Costa Azzurra, immerso nella tranquillità, lontano dalle stressanti metropoli a cui era abituato. Ha accettato di rimettersi in gioco, concentrandosi sul gioco, appunto, che è quello che gli viene meglio, mettendo in soffitta il suo personaggio. Ha scelto la massima serie francese e una squadra, il Nizza, non di prima fascia, non al livello delle prime della classe. Ma una squadra e una città che hanno saputo accoglierlo, coccolarlo, tranquillizzarlo e perdonarlo per qualche partita sbagliata, senza denigrarlo al primo errore. Una squadra che ha giocato per lui, ma soprattutto con lui. Aveva bisogno solo di essere lasciato in pace. Sarebbe facile, ora, urlare e ricoprirlo di elogi. Meglio, forse, andarci coi piedi di piombo per non rischiare di essere smentiti un’altra volta. Anche se, obiettivamente, questa volta potrebbe essere davvero quella buona. Innanzitutto per l’età: Balotelli compirà 28 anni il 12 agosto. La sua maturazione calcistica è completata, non è più un giovane di belle speranze: è un calciatore fatto e finito e ora deve decidere cosa vuole fare. Perché con i mezzi tecnici che possiede può fare tutto. Ecco, la tecnica. Che sia fortissimo non lo scopriamo certo oggi, che abbia imparato a muoversi di più per la squadra, sì. Certo, il suo apporto in fase difensiva resta minimo, ma ha imparato a prendersi meno pause, a restare più concentrato, ad essere un leader. E proprio il leader è il ruolo che gli sta cucendo addosso il neo tecnico della Nazionale, quel Roberto Mancini che non ha mai smesso di credere in lui. La sua nomina come ct non può che giovargli. Riconvocato in Nazionale, ha subito trovato il gol contro l’Arabia Saudita. Dopo 4 anni di assenza è tornato a vestire la maglia azzurra ed è uno dei veterani del nuovo corso che non può non fondarsi sul nuovo Mario che riesce, per la prima volta, a farsi scivolare addosso le critiche rispondendo solo e soltanto sul campo.
Se Balotelli saprà lasciare fuori dalla sua vita la parte "Super", per restare solo Mario, allora l’Italia potrebbe aver trovato l’attaccante del presente e del futuro. Perché ora non ha senso parlare del passato. Perché da due anni a questa parte sta dimostrando di riuscire a concentrarsi esclusivamente su ciò che concerne il calcio giocato, lasciando da parte le "balotellate". Perché il suo talento non si può pensare vada ancora sprecato. Ora, forse, possiamo davvero fidarci di lui.