Aurelio De Laurentiis, il presidente dei sogni
Prima di essere un produttore di successo, piuttosto che un ottimo presidente di calcio, Aurelio De Laurentiis è un creatore di sogni. Fatti di cellulosa come le pellicole della sua Hollywood nostrana, fatti di cuoio come il pallone, benedetto custode delle aspettative di un’intera città. E’ Napoli. Quella dei rifiuti ammassati, bruciati, pubblicizzati. La stessa dei paesaggi mozzafiato, dei poeti e dei santi, dei ragazzi di Scampia e dei martiri professionali in doppio petto blu. La vittoria di Bologna, a sei giornate dal termine, manda in orbita Mazzarri e gli azzurri: tra le stelle del campionato c‘è spazio anche per loro.
Che poi Marzullo lo ripete da una vita che i sogni aiutano a vivere. Ma detto da De Laurentiis fa un altro effetto, suona meglio. Lo ha precisato dopo il momentaneo aggancio al Milan, in vetta: “Napoli ha bisogno di sognare e di rinascere”. Non era facile prendere una squadra dalle ceneri del fallimento, tirarla a lucido e rimetterla in pista. Nel 2004, ritirato il titolo sportivo, già parlava di progetto a lungo termine, di lungimiranza pallonara, di “ventiquattro stelle in rosa, mica una sola”. E’ partito dalla Serie C con Calaiò, Iezzo, Maldonado e Bogliacino, e in pochi anni è tornato su, ai vertici del calcio che fa scalpore. Oggi De Laurentiis coccola Cavani, Lavezzi e Hamsik, semidei di una stagione forse da scudetto, sicuramente da Champions.
E avere avuto un padre, Luigi, che insieme al fratello Dino ha speso una vita per il cinema deve avergli insegnato che tutto è possibile. Persino che Maradona si può riporre in soffitta. Perché è passato, e quello non torna. De Laurentiis guarda al futuro, a quel che sarà. Ha già annunciato tre acquisti per la prossima stagione. Ha ricordato che “Napoli è una realtà che dà fastidio“, che ”se il campionato lo debbono fare solo tre squadre, allora se lo facciano tra di loro”. Ha risvegliato il popolo del Vesuvio, tornato a riempire il San Paolo fino a scoppiare. Domenica, con l’Udinese, non ci entrerà un ago. In tempi di crisi la macchina-Napoli va controcorrente, produce, incassa. La gara coi bianconeri permetterà di sfondare due muri: quello del milione di spettatori (in casa) e dei 20 milioni d’incasso.
Buca le telecamere e conosce i media, i loro vezzi, sa cosa dire e perché dirlo. Dietro quegli occhiali scuri De Laurentiis ha creato un mondo fatto di star. Diverse da quelle che il divismo pallonaro crea da sé, per auto-compiacersi. Quelli del suo Napoli sono i buoni dei film. Oppure i cattivi, ma dal cuore tenero. In ogni caso sono i protagonisti di una storia a lieto fine, comunque andrà. Reja era Clint Eastwood, Mazzarri è Sean Penn con gli occhialetti e l’acca aspirata. Registi, attori, comparse, pubblico: Napoli è un grande colossal all’italiana, uno di quei lungometraggi storici. Con una differenza soltanto: questo finale di stagione è ancora tutto da scrivere.