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Auguri a Pellegrini, patron dell'Inter dei record del Trap. La perfida battuta di Agnelli e la moglie grafologa
Nei suoi anni nerazzurri Pellegrini è stato un presidente amato. Portò molti campioni, Aveva una predilezione per i tedeschi. Il fiore all’occhiello fu sicuramente l’acquisto di Karl Heinz Rummenigge, l’asso del Bayern che carico di gloria e trofei (tra cui due Palloni d’Oro nel 1980 e 1981) arrivò nell’estate del 1984 a Milano per 10 miliardi e 300 milioni di lire. Più tardi portò in nerazzurro anche Matthaeus (l’uomo simbolo dello scudetto dei record), Klinsmann e Brehme. Tra i suoi colpi non vanno dimenticati il talentuoso Scifo, che rese meno del previsto ma all’epoca era un top-player, il cavallo di ritorno Serena (capocannoniere dell’anno dei recod con 22 gol), l’amatissimo Berti, il guerriero Passarella, quella furia di Ruben Sosa, il tedesco futuro Pallone d’Oro Sammer, uno Schillaci sul viale del tramonto dopo le Notti Magiche di Italia 90, l’olandese volante Bergkamp, con il pacco dono di Jonk. Insomma, Pellegrini spese. E molto.
Raccontano che - quando doveva decidere sul tal giocatore - Pellegrini si facesse consigliare dalla moglie, la signora Ivana. Era un’esperta grafologa ed era lei che metteva alla prova i giocatori - costringendoli a scrivere qualcosa su un foglio - per poi svelare al marito pro e contro di un eventuale acquisto. Celebre la vicenda del terzino della Lazio Raffaele Sergio. L’accordo era stato trovato, ma al colloquio con il presidente a Sergio - come da prassi - fu chiesto di scrivere un paio di frasi su un foglietto. La «sciura» Ivana, appena le lesse, si rivolse così al marito: «Lascia perdere, non fa per l’Inter». E così fu. Quella di Pellegrini - che ancora oggi intrattiene ottimi rapporti con il gruppo dello scudetto - è stata una continua rincorsa, prima al Napoli di Maradona e poi alla superpotenza (anche europea) del Milan di Sacchi e Berlusconi. Era entrato nel calcio con romanticismo e con ingenuità, ma se l’era cavata bene, nonostante l’agguerrita concorrenza che c’era allora in Serie A. Erano anni, quelli, in cui il calcio stava cambiando pelle e Pellegrini - da presidente - ha vissuto l’ultimo vero periodo di grande prosperità di tutto il movimento italiano. Oggi è un elegante signore di ottant’anni che fa per molto per beneficenza (a Milano ha aperto il Rubem un ristorante per le persone in difficoltà dove può mangiare chi è segnalato da Caritas e altre Onlus) e che segue con cuore appassionato le vicende di quell’Inter che ha tanto amato.