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    Atalantamania: la fenice croata

    Atalantamania: la fenice croata

    Per stravolgere una carriera, a volte, ci vuole poco. Basta un pomeriggio storto, in cui sei il protagonista negativo, il cattivo della situazione, e tutto sembra volgere al peggio. È capitato a Marko Livaja: inizio maggio, fine campionato, un pugno rifilato a Radovanovic, amico e compagno. Gesto terribile, incredibile, incommentabile. Prima ancora, un battibecco con Colantuono in allenamento gli era già costato un giro in tribuna.

    Pareva la palla di neve che pian piano diventava valanga, rotolando giù per un piano inclinato costellato di punti interrogativi. 'Gran talento, ma la testa...', rischiava di diventare il refrain della tifoseria. Eppure, i primi approcci con Bergamo erano stati di tutto rispetto: una doppietta alla Roma per confermare un curriculum da promessa. Non indifferente, tra le altre cose, l'operazione che lo ha portato dal nerazzurro interista a quello atalantino: col senno di poi, con uno Schelotto già a un passo dall'oblio, l'affare sembra ancor più azzeccato.

    Una sera di fine luglio può nuovamente sussurrare un destino nuovo. La doppietta al 'Bortolotti', l'Udinese ai suoi piedi, e tutto può cambiare. Con la testa giusta, Marko Livaja può essere determinante. La duttilità, risorsa sempre più ricercata, gli consente di operare come prima punta e anche come attaccante esterno. Un tridente Jack-Denis-Livaja: roba quasi alla Zeman, la spregiudicatezza al potere, forse un azzardo, ma anche un menù stuzzicante per i tifosi atalantini. La fenice croata, rinata dalle ceneri di un allenamento infausto: può essere il suo anno, dipende tutto da Marko.

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