E adesso viene il difficile. Napoli e Fiorentina, il primo gran premio della montagna, come se l'inizio nerazzurro non fosse già parso in salita. Cagliari e Torino, sulla carta, rappresentavano un inizio quasi soft: la sorte le ha fatte diventare subito tappe toste, e per fortuna che il Toro lo si è preso per le corna. Cosa ci si può aspettare da queste due gare? Il cuore, prima di tutto. Retorica facile, ma doverosa. L'Atalanta ci ha abituato a colpacci d'autore, anche all'ombra del Vesuvio. 11 aprile 2012, pagina d'epica, un 3-1 che non si dimentica facilmente. 

Il cuore, sì, e pure la testa. La vittoria contro il Torino ha evitato di far precipitare la Dea in un maelstrom psicologico che poteva rivelarsi fatale. Si pensi alla negatività di una pausa-nazionali vissuta con i musi lunghi, l'ambiente elettrico, zero punti in tasca.  Si è vinto, (anche) di fortuna. Si è vinto, per fortuna. Testa più libera, ora: e lo dovrà essere anche a casa di Partenope. Testa leggera, per volare come farfalle e pungere come api. Tanto, c'è poco da perdere...

Cambierà il modulo, ed è una piccola rivoluzione di settembre dopo un'estate sul ritmo del 4-3-3. Spazio alla difesa a tre, e in avanti l'attacco è totalmente ridimensionato: Denis l'ariete, Jack il guastatore alle sue spalle. Ma lì davanti manca qualcosa: mancano i gol. Viva la difesa che sa essere il miglior attacco, ma a un certo punto deve essere l'attacco a far male. Si aspettano i gol di Denis, si aspetta il Bonaventura dell'anno scorso, si aspetta un Livaja che non deve essere Godot. 

Nel frattempo, c'è un bomber di nome Guglielmo Stendardo, l'avvocato che difende e pure attacca, e c'è anche un Lucchini tornato al gol dopo tempo immemore. Ci salvano loro, finora, chi meno te lo aspetti. Perché, d'altronde, 'We can be heroes, just for one day'. Willy ha già smentito Bowie, eroe per due volte. Magari lo può essere ancora una volta, ancora una notte. Nella notte del San Paolo.