Atalantamania, febbre da Champions e troppi contagi: che crollo in Serie A!
IL VIRUS DANNEGGIA LA MACCHINA- Perché diciamolo: il russo stasera avrebbe giocato e, molto probabilmente viste le statistiche e il doppio esordio con gol, avrebbe segnato. E se anche solo una delle tante sfere piovute sull’ombrello Silvestri fosse entrata, starei scrivendo un altro ‘mania’. A conti fatti, a decidere il match è stato l’errore di Toloi, dimentico del fatto che fidarsi di Gollini è meglio, non fidarsi è peggio. Prima di allora la Dea era la stessa, creativa e grintosa, che faceva i caroselli ad Anfield Road. Ma Ilicic e Gomez lasciano gli occhiali nello spogliatoio, Zapata non è furbo come Titti con Silvestri, e Miranchuk è in quarantena, così come l’altro mancino goleador Malinovskyi. E allora, a conti fatti, a decidere il match è stato il Covid, che ha influenzato, è proprio il caso di dirlo, anche questa gara. La Dea però paga sempre troppo care le sue Euro-imprese. Dopo il pari col City, lo 0-0 con la Samp, dopo il trionfo di Kharkiv, la sconfitta col Bologna, dopo il 4-0 al Midtjylland, la scoppola coi blucerchiati. E adesso, tra ‘la danese’ e l’Udinese, la storia si ripeterà?
COME UNA VERA BRITISH- In quanti avrebbero firmato per una vittoria a Liverpool e una sconfitta contro il caro e diligente Juric? Tutti, lo so già senza contare le mani, perché la Storia è Storia e quella resta. Ma la Dea made in England, Brexit o meno, deve trovare il modo di esportare i suoi lati migliori. Per esempio, la maggior copertura a centrocampo, la superiorità numerica in difesa, quell’assenza di punte che crea scompensi. E ancora, Gosens, Romero, Pessina: tre uomini chiave l’altro ieri, di cui la Dea si è dimostrata dipendente. Senza loro tre, si è perso per strada il fulcro del gioco. Ora testa al Midtjylland, pareggiare non basterà. E non per la classifica, quella si deciderà solo il 9 dicembre ad Amsterdam, ma per il morale. Perché solo un ottavo di finale col Bayern Monaco renderebbe meno amare sconfitte immeritate con le piccole di A che ora, per salutare la Dea, devono piegare la testa.