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Atalanta, capolavoro incompiuto: esce la miglior italiana in Europa League
Personalmente ho temuto (e creduto) che l’Atalanta potesse essere eliminata quando il capitano argentino, a undici minuti dalla fine, ha tirato sul portiere una palla preziosa che Cristante gli aveva passato al culmine di un contropiede avviato da un errore difensivo dei tedeschi. E’ vero che l’Atalanta aveva sprecato anche prima e tanto, ma il minuto in cui si è collocata la palla gol del Papu era il quello giusto. Ci voleva il colpo del killer che, questa volta, è restato in canna. Il tiro ravvicinato sul portiere in uscita è partito, ma Burki è stato bravissimo a opporsi con il corpo.
L’Atalanta lascia così il suo capolavoro alle soglie degli ottavi, dopo aver dominato il girone di qualificazione e avere incantato per qualità della manovra, varietà delle soluzioni, forza e leggerezza, spirito di gruppo, voglia di combattere e personalità degli interpreti. Un’eliminazione del genere, a pochi metri dal traguardo (parziale, ma pur sempre un traguardo), fa male e Gasperini farà bene a dolersene (anche se in campo avrebbe fatto meglio a non prendersela con i suoi per ogni errore). Tuttavia di tutte le squadre italiane impegnate nell’Europa League la Dea è quella che ha fatto meglio pur avendo pescato, sia nel gruppo sia allo scontro diretto, gli avversari più difficili e pericolosi. Eppure battere il Borussia Dortmund era possibile. Sarebbe bastata più precisione sotto porta, un Ilicic meno propenso alla conclusione personale, un Cristante (peraltro bravissimo) meno stanco quando gli sono capitate le occasioni per segnare.
Il primo tempo, ad esempio, è stato tutto a favore dell’Atalanta. Oltre al gol (Toloi all’11', da angolo battuto dal Papu, palla mancata da Burki pressato, forse irregolarmente, da Caldara), i nerazzurri avrebbero potuto raddoppiare al 27’ quando Gomez ha visto l’inserimento splendido di Cristante e gli ha servito un assist divino. Non è bastato metterci la testa, bisognava dare alla palla un giro diverso e, in corsa, non è facile. Eppure Cristante era solo e di testa, in genere, è bravissimo. Forse è stato un indizio, di sicuro un’occasione mancata. Tanto più che il Dortmund, dotato di palleggiatori raffinati, ulteriormente rinfoltiti dall’inserimento di Reus nella ripresa, ha cominciato ad avvicinare l’area avversaria. Dapprima senza alcuna conclusione. Poi, con un tiro di Schurrle deviato da Berisha. Infine è stato de Roon, già inciucchito dalla fatica, a perdere palla poco fuori dalla sua area. Nella foga di riconquistarla, l’ha toccata così forte, e così fuori dalla portata di Berisha, da rischiare l’autogol.
La verità è che l’Atalanta ha cominciato a soffrire a mezz’ora dalla fine e dopo avere mancato altre due potenziali palle gol (46’, Freuler tira e Papu non arriva a toccare; 55’, tiro, deviato, di Caldara, da dentro l’area). La mossa vincente dell’allenatore Stoger è stata la scelta di Reus per Pulisic dal 59’. Da quel momento il Borussia ha messo qualità dove ce n’era bisogno, cioé vicino alla porta. Ilicic avrebbe potuto colpire in contropiede (70’), di Papu vi ho detto, dell’inevitabile pareggio pure. Finale squilibratissimo con otto punte in campo (quattro per parte), ma mancava il tempo e la forza. L’Atalanta è fuori, ma fino all’ultimo ci ha tenuti tutti dentro ad una grandissima storia.
@gia_pad