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Arbitri e Var, così non va: più squilibri e confusione di prima! In Italia e non solo
Per restare al Var, comunque, il tasso di confusione e di squilibrio è ancora altissimo. Primo perché non sostituisce affatto l’uomo, secondo perché ognuno lo applica come gli pare, terzo perché le Federazioni lo utilizzano come a loro pare. In quella inglese, ad esempio, il Var giudica direttamente senza far intervenire l’arbitro a rivedere, dirimere, discutere, giudicare. Dalla cabina dicono: “E’ rigore” e il penalty viene assegnato oppure: “Il goal è viziato da un fallo” e la rete viene annullata. Da noi, invece, l’arbitro decide se ascoltare, rivedere l’azione al monitor o intervenire senza farsi “distrarre” dai collaboratori tecnologici.
Diciamo dunque che la perfezione tecnologica è ancora lontana da venire, che per altro, la tecnologia di porta ha migliorato assai i goal non goal e viceversa e che forse rimpiangiamo le regole sul fuorigioco d’una volta. Il fuorigioco fischiato per tre centimetri di ciuffo o cinque d’alluce, sa troppo di calcolo infinitesimale che né occhi umani, né telecamere possono applicare efficacemente. Perché non si dice, come un tempo: è fuorigioco quando tra i due giocatori c’è luce, altrimenti l’azione va avanti. Ne guadagnerebbero la chiarezza e il gioco.
I monitor hanno creato un altro dilemma o forse una nuova professionalità: l’arbitro da Var. Dopo aver saputo che Irrati è considerato forse il miglior addetto Var d’Italia e averlo visto sul campo l’ultima partita di campionato, in cui è sembrato uno dei peggiori della penisola, ci è venuto in mente che le carriere potrebbero dividersi e creare dei “varristi” veri e propri che non pestano l’erba. Il primo del genere potrebbe essere proprio lui.