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    Anna Magnani, Ramon Loiacono e quel tango all’alba in via Veneto

    Anna Magnani, Ramon Loiacono e quel tango all’alba in via Veneto

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    Oggi per gli amanti del cinema d’autore sarà un problema dover scegliere. Sulle reti satellitari continua la bellissima serie dedicata a Sofia Loren come omaggio per i suoi ottant’anni. In contemporanea, su altri canali, verranno proiettati alcuni dei film interpretati da un’altra musa indiscussa dell’arte cinematografica internazionale. Anna Magnani la quale il 26 settembre del 1973 si spegneva ad appena sessantaquattro anni di età uccisa da un tumore. Due leggende, Sofia ancora viva e bellissima pur senza alcun ritocco chirurgico, Anna la cui bellezza tenebrosa e sfacciata insieme con la sua immensa bravura fece un poco da apripista a quel cinema d’essai italiano definito neorealista il quale dilagò conquistando tutto il mondo.

    La Magnani, come la Loren, era donna del popolo perché arrivava dal popolo. Le sue finzioni cinematografiche non avevano necessità della maschera o dello sdoppiamento. Quella che era stata e ciò che era rimaneva in lei e sul suo volto segnato da perenni occhiaie senza il bisogno di mutamenti estetico o con l’aiuto del trucco camuffante. Mostrava il suo io più profondo anche soltanto con l’espressione del viso e la sua drammaticità interpretativa andava oltre il copione e le storie che le venivano cucite addosso come un abito su misura. Le sue memorabili Nannarella e Mamma Roma insieme con il capolavoro che fu Bellissima sono scolpite nella roccia. Era indubbiamente una diva a tutto tondo e, come tale, doveva comportarsi anche se lo faceva a modo suo con la spontaneità che dal privato tracimava nel pubblico per diventare fonte di scandalo per quell’epoca molto codina e un poco farisaica dell’Italia perbenista e cattolica di facciata.

    Il suo amore folle per Rossellini che la la lasciò con un figlio illegittimo fuggendo a Stromboli con Ingrid Bergman le procurò ferite incancellabili nell’anima. La sua passionaccia americana per Marlon Brando, risolta in poche notti, fu una medicina placebo senza effetti. Talvolta sfogava il suo istinto animale allo stadio andando a tifare in curva sia per la Lazio e sia per la Roma tra le quali non sapeva decidere perché molti, da una parre e dell’altra, erano suoi amici e perché per lei contava soltanto la città. Come diva frequentava via Veneto e come diva era il bersaglio preferito dei paparazzi guidati dal mitico Barillari. E proprio in una fotografia storica la troviamo avvinghiata nella posa di un tango quasi hot tra le braccia di un altro divo, ma del calcio. Quel Ramon Loiacono, bomber argentino, il quale dopo aver Firenze era arrivato nella capitale per vestire la magia giallorossa.

    Un bel tipino anche lui. Conquistava tifosi e belle donne con la medesima disinvoltura. Conduceva una vita non certo da atleta eppure non deludeva mai. Né in campo e neppure tra le lenzuola come ebbe a confessare, un giorno, una delle sue “prede” Claudia Mori non ancora signora Celentano. Non è dato sapere se anche Anna Magnani, sorpresa all’alba in via Veneto in quel tango sfrenato, terminò la nottata nell’appartamento di Loiacono oppure lo liquidò come faceva con tanti dicendogli “Ma ora và un po’ a dormì, pischello”. Ha nessuna importanza. La fotografia è stupenda a prescindere per il mondo di quei primi Anni Sessanta che racconta e rimarrà eterna, Come Anna Magnani.

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