Andreazzoli rifà la Roma:| Riecco De Rossi e Stek
Se in 18 mesi si celebra la presentazione del terzo allenatore, è facile supporre che la giornata alla Roma non sia da tappeti rossi e lancio di petali di rosa. Per questo, quando Aurelio Andreazzoli affronta la sua prima conferenza, fuori dal cancello di Trigoria poco meno di un centinaio di tifosi inscenano una contestazione che vanta tanti striscioni pro Zeman e contro tutti, oltre a un paio di slogan guida: «Baldini, Sabatini e Baldissoni fuori dai co...» (rima agevole) e «Yankees go home», frase che in qualche modo associa la Roma ad un Vietnam. Esagerato, ovvio, anche se notare come in 30 mesi si sia sgranato un rosario di 6 allenatori faccia pensare.
Baldini: dignità L'introduzione del d.g. Baldini è amara. «Ammesso e persino concesso che le colpe possano essere molto più di dirigenti e giocatori, e solo in minima parte all'allenatore, la scelta è stata quella di fare qualcosa per poter avere una speranza di dignità diversa da qui alla fine. A metà stagione non si può cambiare squadra e vertici. Andreazzoli è la memoria degli ultimi anni. Speriamo che non rappresenti una soluzione temporanea, ma definitiva».
Dogmi & Pretattica Il nuovo tecnico apre il cuore e inconsciamente — dalla difesa del gruppo agli allenamenti, fino alla gestione di De Rossi e Stekelenburg — si pone specularmente rispetto a Zeman. «Ho fatto 20 anni il primo e 10 l'assistente, ma ho detto a mio figlio che avrei accettato questo incarico anche a metà stipendio. Da sabato dormo tre ore e mezzo per notte. L'emozione c'è, ma non chiedo tempo perché non ce n'è. Sulla tattica (difesa a 3 o a 4, ndr) a Delio Rossi non voglio dare vantaggi. Penso che i calciatori trovino una sistemazione da soli; se avessi un solo sistema, un dogma, li ingabbierei. Credo che la squadra abbia bisogno di ritrovare la fiducia e il dolore della sconfitta, come quello dei tifosi. Ma ho una squadra di bravi ragazzi e devo frenare l'istinto di abbracciarli. Loro sono i protagonisti, e vanno amati e non osteggiati e offesi. La società ci ha messo a disposizione non una squadra forte, ma due. Le riserve di quelli che hanno sconfitto la Fiorentina avrebbero potuto battere i viola lo stesso. Zeman ci ha lasciato una eredità enorme, ma io non sono venuto qui con la piena del Tevere. Il sogno della mia vita era allenare la Roma, ora ho avuto questa fortuna e la rischio per assecondare i giocatori? Io non sono loro amico, sfatiamo questo luogo comune, ma non permetto a nessuno di infastidirli. Le doppie sedute? Neppure Spalletti le faceva, eppure era un sergente»
De Rossi & Co. Detto che si dice «pronto a fare un passo indietro» se non sarà riconfermato («ma vorrei vincere lo scudetto fra 3 anni»), conferma le antiche gerarchie. «De Rossi avrà quel ruolo guida, da esportare nel mondo, che popolo e club gli hanno assegnato. Giocherà sempre da qui alla fine, se lo meriterà. Stessa cosa per Stekelenburg. Io ho due icone: Totti e De Rossi. Due monumenti da innalzare e non radere al suolo. A loro concedo questo privilegio, ma dovranno dare l'esempio». E Andrezzoli si accomiata con l'ansia sorridente di un anti-guru. Zeman, davvero, non abita più qui.