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    Ancelotti: 'Milan e vittoria di Manchester decisivi per la mia carriera, un giorno allenerò la Nazionale'

    Ancelotti: 'Milan e vittoria di Manchester decisivi per la mia carriera, un giorno allenerò la Nazionale'

    Carlo Ancelotti si è raccontato ai microfoni di Gazzetta TV, intervistato da Paolo Condò: "A Madrid siamo riusciti a costruire un grandissimo gruppo, questo è il segreto del nostro successo. Alla base di tutto c'è il rispetto reciproco, è fondamentale perché i calciatori sono prima persone e avere un rapporto positiva porta a buoni risultati. La mia carriera mi aiuta molto nelle fasi iniziali delle mie esperienze in panchina perché tutti mi portano rispetto per quello che ho fatto, poi però vengo esaminato giorno per giorno in base al mio lavoro. Pepe? Il primo giorno a Madrid mi disse che voleva andar via, io lo convinsi a restare perché era indispensabile per noi".

    SUL MILAN - "L'etichetta di eterno secondo iniziava ad essere ingombrante sia per me che per il Milan, club a cui sono legato, pertanto la vittoria che mi ha cambiato la carriera è stata la prima, quella avvenuta nella finale di Manchester del 2003. Di quella finale contro il Liverpool, nel 2005, non cambierei nulla, dissi ai miei ragazzi le cose giuste. Poi la rivincita fu incredibile, le seconde opportunità nella vita ci sono e noi dovevamo prendere il Liverpool. L'albero di Natale? Nacque al Milan, mi mise a disposizione tanti trequartisti e decisi di utilizzarne il maggior numero possibile. Il mio rapporto con i calciatori è stupendo, mi piace scherzare con loro, questo è importante per un allenatore. Non sono troppo buono però. Gerrard? L'ammiro, con il Milan provammo a comprarlo ma non fu possibile. Zidane mi divertiva molto, Cristiano Ronaldo mi diverte invece nelle partite. Nazionale? Mi piacerebbe, ma soltanto quando non avrò più la voglia di allenare tutti i giorni".

    SUI TEST ATLETICI AL MILAN
    -  "Sacchi non mi diceva a quanto andavo, ma lo avevo capito che Gullit e Van Basten andavano al doppio".

    SUL MILAN DI SACCHI - "Si giocava 4-3-3 con Gullit e Virdis larghi e Van Basten punta. In mezzo c'eravamo io, Bortolazzi e Evani. Quando nell'88 vinciamo lo scudetto a Napoli, Gullit parte dalla nostra difesa e parte. L'idea della svorapposizione ce l'avevo, ma Ruud andava troppo forte e mi dissi: "Carlo, ma dove vai?"".

    SUL MONDIALE 1994 - "E' stata una grande esperienza, e vidi Sacchi che si faceva capire al volo da tutti. E' stato bello essere il suo assistente".

    SU BERLUSCONI - "La relazione più importante, per me, è quella con la squadra. Se non va bene con i giocatori, sei un uomo morto. Quello che io dico, e parlo in generale, è che un allenatore deve sentirsi tutelato dalla società".

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