Amauri:| 'Juve, ecco la verità'
Lunga e interessante intervista questa mattina del Corriere dello Sport Stadio, a firma Alessandro Riatli, all'attaccante viola Amauri.
Il vero protagonista si chiama Hugo, ha sei anni e l’argento vivo addosso. Cattura il telefonino di Pocetta (l’uomo che più di tutti ha voluto portare il suo babbo a Firenze) che paziente e divertito lo asseconda, e poi ci racconta che pure lui vuol fare il giocatore: «Mi piacerebbe andare a... la Roma». Poi ci guarda e aggiunge: «No, voglio andare a giocare dove gioca il babbo». Ovunque, ma con lui, con quel babbo dai capelli lunghi e che finalmente è tornato a sognare. I sogni di Amauri e di suo figlio.
E’ pronto per ricominciare là dove si è fermato il 23 aprile scorso?
«Dove ero rimasto? Sì, sono pronto per tornare a segnare».
Chi è Jovetic per lei?
«E’ un campione. Io sto assistendo alla sua maturazione».
E’ la sua spalla ideale?
«Sì, perché è intelligente e scaltro a capire tutto con un secondo d’anticipo».
E’ tra i migliori nel suo ruolo?
«Indiscutibilmente è uno dei più bravi».
Jovetic sogna il pallone d’oro: troppo?
«No, può farcela e non è nemmeno detto che debba cambiare squadra (ride)».
Può davvero superare i 20 gol?
«Di questo passo sì».
Avrà però almeno un difetto...
(Ride) «Sì, porta tanto la palla e poi dovrebbe avere più fiducia in sé stesso».
Pur non segnando, dal suo arrivo è riuscito sempre a calamitare a sé tutti gli avversari. C’è un’alchimia?
«Ho lavorato bene in questi mesi e gli avversari mi conoscono bene. Sanno che posso far male in un attimo».
Che effetto le fa essere a Firenze oggi, sei anni dopo il primo corteggiamento?
«E’ una bella storia».
Cosa le hanno detto i Della Valle?
«Che posso fare ancora un altro salto in avanti sul piano della qualità di gioco».
C’è solo la salvezza tra gli obiettivi?
«Dobbiamo guardare avanti, ma gradualmente. Prima la salvezza, prima altri 12 punti, poi vedremo. Questa è una squadra che potrà presto sognare».
E lei dove può arrivare?
«Il più lontano possibile. Sono molto critico e so che cosa posso dare. So che il mio limite non è ancora stato nemmeno avvicinato».
Ma se a giugno la Fiorentina le proponesse un prolungamento di contratto e si presentasse un top club, lei cosa sceglierebbe?
«Corvino mi ha detto che siamo fidanzati. E che per il matrimonio basta un attimo».
Ha più sentito Prandelli?
«No».
Cosa vuol dire al ct per convincerlo a convocarla?
«Di guardare la Fiorentina».
Il suo sogno europeo è appena cominciato. Le basteranno tre mesi?
«Sì. Prandelli è un allenatore che dà a tutti una chance. So che mi osserverà. Ora dipende tutto da me».
Il Mondiale 2014 è un’utopia, o fisicamente potrebbe essere ancora alla portata?
«Giocare il Mondiale in Brasile sarebbe come chiudere con una chiave d’oro la mia carriera».
La Juventus vincerà lo scudetto?
«Stanno dimostrando di essere ancora la squadra da battere».
Qual è il segreto?
«Tutti, e sottolineo tutti, fanno quello che chiede l’allenatore».
Ma ci sarà pure un neo, qualcosa che ancora non quadra.
«Non credo».
Come è possibile essere pagato 23 milioni di euro e finire fuori rosa?
«Ho avuto la sfortuna di essere arrivato a Torino quando è cambiato tutto. Squadra e dirigenza. Ho avuto la sfortuna di esserci ancora quando è ricambiato ancora una volta tutto».
Quando ha capito che per lei lì non ci sarebbe più stato posto?
«Un anno fa, quando sono andato al Parma».
Conte le ha mai detto che per lei non ci sarebbe stato posto?
«Mi ha parlato due volte».
Ha mai creduto di non venir fuori dal tunnel?
«Pensieri per la testa me ne sono venuti tanti. Passeggeri».
Che cosa l’ha fatta soffrire di più?
«Il fatto che mi fosse impedito di giocare».
Possibile però che lei non abbia combinato proprio niente? Da Torino vl’hanno fatta tribolare anche per la firma del contratto in viola...
«Domandatelo alla Juventus».
Come hanno fatto Baroni, Gabetta e il professo Gaudino a tenerla fisicamente su?
«Sono stati straordinari, mi hanno sostenuto, sono entrati a fare parte del mio mondo».
Ha mai pensato di mollare?
«Mai».
Edmundo l’ha sempre sostenuta: che cosa ha rubato dal suo talento?
«Non vorrei peccare di presunzione, ma credo di aver imparato da lui a risolvere le partite con un guizzo. Magari ci sono le volte che il centravanti sembra quasi non esserci in campo fino a quel momento, quando morde e fa male».
Lei sa che per colpa di un carnevale, la Fiorentina ha praticamente perso uno scudetto?
«Con me non si corre questo pericolo. Sono un brasiliano atipico».
Come può un brasiliano decidere di rinnegare la Seleçao?
«Non ho rinnegato niente. Semplicemente, io sono diventato quello che sono grazie alle occasioni che l’Italia mi ha offerto. Qui in Italia sono diventato un calciatore vero, qui in Italia sono nati i miei figli. In Italia, quando smetterò di giocare, resterò a vivere».
Come è nata l’idea di Lar do Menor?
«Amo i bambini. E’ l’idea di poter aiutare chi ha bisogno mi fa stare bene. Mi piace aiutare, ma senza che gli altri sappiano. E’ tanto che non sono tornato in quella casa famiglia. Io forse ho aiutato loro, ma loro hanno aiutato me».
Che cosa ha pensato quando ha visto il logo di Save the Children sulla maglia viola?
«Che è bello che il calcio sia sensibile di fronte ai drammi della vita. Specie quando di mezzo ci sono i bambini».
Dal Bellinzona al Napoli. Cinquanta milioni di lire di stipendio e neppure la patente.
«E’ stato il primo mattone della mia carriera. Quello più importante».
Il Napoli ha le potenzialità per battere il Chelsea?
«Sotto pressione il Napoli ha dimostrato di sapersi esprimere al meglio. Ci regalerà 180 minuti di spettacolo. E io tifo azzurri».
Quanto ha tolto l’esperienza in Champions al Napoli in campionato?
«Secondo me tornerà prestissimo a farsi insidioso anche in campionato. Il Napoli, così come tante altre squadre, su tutte l’Inter».
Che cosa ne pensa di Mazzarri?
«Non lo conosco personalmente, ma me ne hanno parlato in termini importanti».
Pillon, Guidolin, Del Neri: cosa fa lei per stregare gli allenatori?
«Questi tre allenatori hanno segnato la mia carriera. Pillon è stato quello che mi ha fatto tirare fuori quello che avevo dentro quando nessuno credeva in me. Del Neri mi ha riportato in A e Guidolin mi ha trasformato in campione».
Il Milan può ancora correre nella lotta scudetto?
«Sì».
A Cesena è arrivato un altro ex juventino, Iaquinta, come lei finito in cantina. Riuscirà il goleador di due mondiali a salvarli?
«Indiscutibilmente sì. Vincenzone sa il fatto suo».
Tra lei e Iaquinta chi farà venire qualche pensiero cattivo alla Juventus?
«Io, avete dubbi?».
Il gol che sogna di realizzare?
«Un gol... involontario, su un rimpallo».
Lo schiaffo che invece le fa ancora male al solo ricordo.
«Quello che ho vissuto fino a poco tempo fa. Essere stato tenuto lontano dal campo, impedito a fare il mio lavoro».
Il razzismo nel calcio esiste?
«Sì».
E le combine?
«Stanno dimostrando di sì».