AMARCORD: Salvatore Gambino, da Dortmund a Trapani 'Ma tornerò in A'
Un po' centrocampista, un po' attaccante, di certo un talento purissimo. In molti se lo ricorderanno. Era il 2003: il non ancora 20enne Salvatore Gambino, con indosso la maglia giallonera del Borussia Dortmund, mandava in visibilio il pubblico del Westfalenstadion. Sulla scia delle sue chiare origini siciliane, le immagini del ragazzo di Hagen arrivavano anche in Italia, e un sorriso orgoglioso dal sapore patriottico si allungava sul viso degli appassionati di calcio. Le stimmate erano quelle del grande giocatore e la sua ascesa sembrava inarrestabile. I ricordi sono ancora vividi nella mente di Salvatore. "Pur giovanissimo ero già riuscito ad affacciarmi in Bundesliga, una cosa bellissima - racconta timidamente Gambino a Calciomercato.com - Affrontavo campioni del calibro di Lucio e in squadra con me c'erano calciatori come Reuter (campione del mondo con la Germania nel 1990 e una stagione nella Juventus, ndc) e Rosicky (oggi all'Arsenal). Era un periodo molto felice. Se non mi fossi fatto male al ginoccho magari avrei fatto un'altra carriera".
L'infortunio del 2004 fu di quelli subdoli: rottura del legamento del ginocchio sinistro. Da allora cominciò una parabola discendente, perché quando la sorte ti volta le spalle non c'è talento che tenga. "Nel 2006 il Borussia decise di cedermi al Colonia, dopodiché finii al Coblenza, nella Serie B tedesca, ma nel 2008 mi infortunai di nuovo, stavolta rompendomi il crociato del ginocchio destro", dice Salvatore scavando afflitto nella memoria. Dopo la seconda, difficile guarigione, il buco nero continuò con l'effimera esperienza in Norvegia tra le fila del pressoché sconosciuto Kongsvinger. Quasi tutti, probabilmente, avrebbero mollato, ma non Gambino, un tipo che sembra fare a pugni con il calcio viziato di oggi. "Non mi piace tanto mettermi in mostra", sussurra fuori dai denti Salvatore, che non si concede mai uno sgarro: cibo leggero e a letto presto. Perché il calvario di non mordere più il campo da protagonista non vuole riviverlo.
"Ebbe la possibilità di andare a giocare in campionati poco conosciuti dove lo avrebbero pagato profumatamente, ma lui non volle sentire ragioni: voleva dimostrare di essere ancora un giocatore vero", racconta chi lo ha seguito da vicino nella sua rinascita. Il destino, in forte debito con lui, gli porse sul piatto d'argento un'occasione d'oro, il Trapani, ambiziosa società emergente di Lega Pro Seconda Divisione. In ossequio al sangue siculo che gli scorre nelle vene, Gambino accettò senza riserve, pur consapevole che c'era da sudare per rimettersi in pari: "A dicembre, quando firmai il contratto, ero sovrappeso di sei chili - spiega - ma non mi persi d'animo e lavorai sodo. Pian piano mi sono conquistato la fiducia dell'allenatore e penso di aver disputato un buon campionato".
Lui è modesto, ma le buone prestazioni sono sotto gli occhi di tutti: Salvatore è stato una delle pietre angolari della squadra che domenica scorsa si è guadagnata la Prima Divisione sconfiggendo il roccioso Avellino nella finale play-off. Gambino aveva una caviglia malandata, ma ha stretto i denti per essere presente: "Nessuno vorrebbe mai mancare a queste partite, ho chiesto di uscire dal campo quando non ce la facevo proprio più a continuare". Poco male, il Trapani ha comunque vinto 3-1 e la società dell'ambizioso patron Morace ha centrato l'obiettivo del doppio salto, dall'Eccellenza alla (vecchia) C1. "La promozione è un sogno meraviglioso", chiosa soddisfatto il centrocampista italo-tedesco. Che è in scadenza di contratto e sfoglia la margherita per decidere del suo futuro.
Su di lui hanno raccolto informazioni Triestina, Portrogruaro, club tedeschi di B e una chiamata è arrivata perfino dall’Israele. Ma Gambino, come sempre, fa il vago: "Intanto devo ringraziare il Trapani perché mi ha consentito di tornare un giocatore vero. Adesso penso alle vacanze, vedremo cosa succederà". Il futuro prossimo, magari, sarà ancora in granata. Se si fa qualche volo pindarico, però, l’atterraggio è in un mondo onirico. "Qual è il mio sogno più grande? L’ho già detto due anni fa: voglio tornare a giocare in Serie A. Sono tenace e ci riuscirò". Il destino, dopotutto, glielo deve.