AMARCORD: il 'bisonte' Hubner, una vita tra pallone e sigarette
Negli annali resterà la sigaretta fumata negli spogliatoi tra il primo e il secondo tempo. A 43 anni suonati Dario Hubner, meglio conosciuto come Tatanka, è rimasto lo stesso, fuma e tira calci ad un pallone. Cosa che nel calcio ultra moderno di oggi farebbe gridare allo scandalo.
Capocannoniere di serie A, B e C1, l'ex Brescia non ha ancora appeso gli scarpini al chiodo; attualmente gioca nel Cavenago D'Adda (comune di poco più di 2 mila anime in provincia di Lodi), che milita in Promozione. “Giocare a calcio per me è un piacere, un divertimento allo stato puro – aveva dichiarato tempo fa a sportmediaset- . A Cavenago sono a 3 chilometri da casa. Mi tengo in forma e mi diverto, cosa posso volere di più?” Chapeau.
La voglia di giocare è tale che nel 2007 Hubner becca una squalifica di un anno (poi ridotta) per aver firmato un contratto da professionista con un club di Eccellenza. Tatanka propone poi alla Figc che una parte della squalifica venga tramutata in una sanzione economica finalizzata a beneficio dell’attività calcistica giovanile. Per lui il calcio è sempre stato una passione e non un mezzo per far soldi. Quest'anno però sarà l'ultimo da calciatore. A breve inizierà il percorso per prendere il patentino da allenatore.
Hubner approda in Serie A a trent'anni quando passa dal Cesena al Brescia. Nelle 'rondinelle' ha il privilegio di giocare al fianco di Roby Baggio. Nel 2001 finisce al Piacenza ed è proprio con il club emiliano che si laurea capocannoniere insieme a David Trezeguet con 24 gol. Nella massima serie giocherà ancora nell'Ancona e nel Perugia. Dai primi calci ad oggi, Tatanka ha collezionato ben 14 maglia diverse, tutte di club di provincia in lotta per la sopravvivenza. Nessuna di Milan, Inter, Juve, Roma...
Il Diavolo però ci provò ai tempi del Cesena. Alla fine non se ne fece nulla perché i rossoneri non avevano giovani interessanti da dare al club bianconero in cambio del suo cartellino. Un approccio ci fu anche da parte dell'Inter. Dario però non si rammarica. “Io non mi lamento: da giovane facevo il fabbro e lavoravo l'alluminio – ha spiegato nella stessa intervista - Sono super felice così".Anche perché negli spogliatoi di San Siro difficilmente gli avrebbero concesso il lusso di fumarsi la sua famigerata sigaretta.