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Altro che Juve, è l'Inter l'anti-Napoli: Spalletti il migliore, nonostante Suning
Contro l’Atalanta Spalletti ha rilanciato Santon esterno di sinistra al posto di Nagatomo, snobbando una società (l’Inter) che a giugno lo aveva riempito di promesse (compreremo tizio, compreremo caio) e invece - oltre a Skriniar, Borja Valero e Vecino, non esattamente tre fenomeni - ha portato a casa Cancelo e Dalbert, quasi stabilmente in panchina.
A rileggere le previsioni estive sull’esito della serie A dei cosiddetti esperti, dei cosiddetti grandi giornali, o le griglie di partenza di qualche quotidiano sportivo, viene da domandarsi cosa capiscano di calcio e, soprattutto, dove sia finito il Milan che tanto ha speso per attestarsi attualmente ad un malinconico settimo posto.
Nessuno crede (va) all’Inter candidata per lo scudetto. Al massimo si arrivava ad accreditarla per il quarto posto che condurrà alla prossima Champions League. Evidentemente, oltre a sapere poco di calcio, moltissimi non conoscevano Luciano Spalletti o - siccome nel calcio non c’è memoria - avevano già dimenticato quello che ha fatto a Roma, prima e dopo la vincente esperienza russa.
Vincere con l’Atalanta non era scontato. Sia perché la squadra di Gasperini crea difficoltà a tutti gli avversari, sia perché il sistema di marcature è anomalo e ostruzionistico. L’Atalanta non fa pressing (azione collettiva), ma pressione (movimento individuale). Non scala in avanti, ma accorcia. Tutti sono deputati a farlo, ma i difensori (che spesso vanno sui centrocampisti avversari) lo fanno più dei compagni. Questo meccanismo, e non solo la difesa a tre, costringe a difendere a sistema puro (uno contro uno). Può essere rischioso, però fino ad ora è sempre stato efficace.
Per fronteggiare questo inusuale sistema di marcature, Spalletti ha pensato di far viaggiare la palla in verticale con meno tocchi possibili. I giocatori interisti avrebbero dovuto sempre anticipare la giocata per evitare il contrasto avversario.
Infatti, a metà del primo tempo (24’), Borja Valero ha eseguito una via di mezzo tra un tocco e un velo su palla verticale di Miranda, mettendo fuori tempo il diretto marcatore. Icardi ha ingaggiato un corpo a corpo vincente con Palomino e si è presentato solo davanti a Berisha che ne ha neutralizzato il tiro.
Prima, però, un’Atalanta ben organizzata nel movimento e nella occupazione degli spazi, si era creata un’occasione sull’asse Ilicic-Hateboer (a destra), ma la conclusione era stata parata da Handanovic in due tempi.
Tuttavia per bucare l’Atalanta c’era un altro sistema: il ricorso al gioco laterale, con conseguente cross, nel quale fin dall’inizio si era esercitato - secondo costume e caratteristiche - Candreva. Non credo sia un caso che la prima azione della ripresa sia venuta da sinistra (Perisic per il colpo di testa di Icardi) e che il primo gol (7’) discenda da una punizione dall’angolo destro.
Per la verità il concorso di colpa degli atalantini è consistente: Palomino, infatti, ha commesso un fallo su D’Ambrosio andandogli addosso, anziché controllare la propria foga. Per sovrammercato, sulla punizione di Candreva, Toloi ha mancato di netto l’anticipo (era davanti a Icardi), lasciando all’argentino la possibilità di segnare di testa.
Sette minuti dopo, lo stesso Toloi (pessimo nonostante le incondizionate lodi di Lele Adani che si è profuso in elogi anche per Palomino, altro insufficiente) ha sbagliato il disimpegno facendoselo intercettare da D’Ambrosio, il quale ha messo al centro di sinistro dove Icardi, ancora di testa, ha girato nell’angolo prima di tutti.
L’Atalanta, che aveva avuto un’occasione per pareggiare con Papu Gomez, servito da Petagna (era subentrato a Ilicic), non ha smesso di giocare (intervento di Handanovic ancora su Petagna), ma progressivamente l’Inter l’ha disinnescata con il palleggio e le ripartenze in campo aperto. Poteva finire con un punteggio più largo, non con una considerazione diversa: quest’Inter è seconda solo al Napoli e si può giocare lo scudetto fino in fondo.