Milanmania: altro che Balotelli e Seedorf, è colpa di Berlusconi e Galliani!
Mario Balotelli non è un campione e probabilmente non lo sarà mai. La prova inconsistente contro l'Atletico Madrid è stata solo una conferma di quello che in molti pensano da diverso tempo a questa parte. Allo stesso modo, sono indubbie alcune imperfezioni commesse da Clarence Seedorf nella scelta della formazione (la miope ostinatezza nel proporre Emanuelson terzino sinistro sacrificando De Sciglio, insistere su un Essien bolso e rinunciare a Pazzini come centravanti) e nella gestione dei cambi. Ma pensare di spiegare il momento di profonda crisi che attraversa il Milan, individuando due facilissimi capri espiatori e ignorando volutamente quelle responsabilità che partono da molto più lontano e che sono ascrivibili a proprietà e dirigenza, non solo è limitativo ma anche politicamente molto conveniente.
LE COLPE STANNO PIU' IN ALTO - In Italia purtroppo, compreso nella categoria a cui appartengo, criticare il potente resta un esercizio troppo complicato, troppo rischioso. Allo stesso tempo, non si può ingannare platealmente il lettore propinandogli una versione di comodo su come stanno le cose in casa rossonera, per non giocarsi i buoni rapporti con le persone che hanno in mano le sorti della società. Si può dire o non si può dire che, esaurita la sua funzione di motore trainante per la creazione della sua immagine di uomo di successo, il Milan non è più un asset strategico dell'impero di Silvio Berlusconi? Si può dire o non si può dire che, da quando sono stati chiusi i rubinetti delle risorse economiche, Adriano Galliani ha sperato di rinforzare la squadra solo con colpi a basso costo, sfruttando la sua storica rete di procuratori e dirigenti di società amiche?
TANTI SOLDI SPESI MALE - Pensare oggi a figure emergenti come Sean Sogliano o Andrea Berta senza affidargli carta bianca sulla gestione del mercato si rivelerebbe l'ennesimo specchietto per le allodole nei confronti di quei tifosi che da anni chiedono, in assenza di voglia di spendere certe cifre, di costruire un progetto basato sui giovani (preferibilmente italiani) piuttosto che su tanti mezzi giocatori stranieri. Nelle ultime due annate, sono stati investiti circa 50 milioni di euro sul mercato, non pochi ma chi li ha avuti tra le mani li ha spesi malissimo; un peccato non di poco conto per chi si picca o viene celebrato come uno dei migliori dirigenti italiani. Senza una rivoluzione che parta dalle fondamenta del club, il Milan è destinato a restare una nobile decaduta ancora per diversi anni.