Allegri, manager ma non troppo
Mai un allenatore del Milan era stato così presente e attivo nelle trattative di mercato. Negli ultimi giorni, Massimiliano Allegri ha assistito, nella sede della società rossonera in via Turati, alla trattativa per il rinnovo di capitan Ambrosini e a quella con il patron del Genoa, Enrico Preziosi, per il riscatto di Kevin Prince Boateng, solo per fare due esempi. Inoltre, l'apporto del tecnico livornese è stato e sarà importante in ogni altra decisione di mercato del Milan in questa campagna trasferimenti, dal rinnovo di Seedorf alla scelta di lasciar partire Pirlo.
Quello di Allegri non è un ruolo da manager all'inglese, perché il mister campione d'Italia non ha la possibilità di gestire un budget, ma è sicuramente un qualcosa in più rispetto al ruolo classico dell'allenatore come viene inteso in Italia.
Per Allegri, questo ruolo rappresenta al tempo stesso un attestato di fiducia da parte del Milan e una grande responsabilità. Per quanto riguarda la fiducia, c'è poco da dire: sia Berlusconi che Galliani, a un anno di distanza dal suo ingaggio, apprezzano ancora di più il tecnico, dopo averlo visto all'opera e aver visto come le sue scelte si siano rivelate azzeccate.
E si arriva alla responsabilità, che è un arma a doppio taglio. Prendiamo ad esempio la scelta su Pirlo: Galliani ha spiegato in più occasioni che Allegri davanti alla difesa vuole un giocatore alla Van Bommel. Per restare al Milan, quindi, Pirlo avrebbe dovuto 'riciclarsi' in un'altra posizione, più avanzata o più defilata rispetto a quella, prediletta, di regista arretrato. Ma se nella prossima stagione la decisione di privarsi di Pirlo, in quel ruolo, per affidarsi integralmente a Van Bommel, dovesse rivelarsi un errore, chi sarebbe a pagarne le conseguenze?