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    Agnelli: 'Questa Juventus è la mia signora'

    Agnelli: 'Questa Juventus è la mia signora'

    Il presidente intervistato dal Financial Times analizza la crisi del calcio italiano: "Più che una meta per top player siamo diventati un campionato di transito".
    Agnelli: "Questa Juve è la mia creatura".
    Non è più il Paese del pallone, e di un sacco di altre cose, dice Andrea Agnelli al «Financial Times» che gli dedica una lunga intervista, «La mia Juventus». L’Italia ha ammassato troppi problemi, senza mai affrontarli: «Gli stadi sono mezzi vuoti, c’è violenza. Il calcio non è il prodotto migliore», osserva il presidente bianconero. Lo spread non è solo faccenda da banchieri: il calcio ha perso competitività rispetto ai migliori d’Europa: «Più che una destinazione finale per i top player, ora siamo un campionato di transito», spiega Agnelli. Basterebbe ispirarsi ai migliori: «Se si pensa alla situazione ideale per un top team, si pensa a un mix di quello che c’è in Inghilterra, in Germania e in Spagna». Alla Premier League il numero uno juventino invidia gli stadi e gli incassi, dalla Spagna importerebbe la possibilità per le grandi società di vendere individualmente i diritti tv piuttosto che la condivisione con i piccoli club, mentre i club tedeschi sono all’avanguardia per la capacità di attrarre sponsor di altissimo livello. Domanda: è possibile riprodurre tutto questo in Italia in questo momento? «No».

    Dev’essere l’unica cosa che non riusciamo a copiare, perché per il resto, nel ramo tarocchi pare siamo professionisti: «In Italia - continua Angelli - compriamo magliette contraffatte, il falso è un problema di questo Paese». In Inghilterra e Germania fanno la fila per comprare le nuove maglia della squadra. «Per 10 anni - sottolinea il presidente - l’Italia ha parlato dell’approvazione di una legge che incentivi» la realizzazione di nuovi stadi. Figurarsi: difatti la Juve se l’è fatto per i fatti suoi. «Il calcio italiano, come il Paese, ha bisogno di riforme strutturali. Alcuni anni fa eravamo giunti a un crocevia: “Cosa vogliamo fare per rimanere competitivi?” Abbiamo scelto di non fare niente. Nel calcio serve uno sforzo condiviso, su violenza, stadi e protezione dei marchi». Ma adesso non abbiamo ancora un Governo e quindi neppure un ministro dello Sport».

    Agnelli si consola con la Juve: «La squadra attuale ha un grande potenziale. La sento mia. Con le altre, lasciatemelo dire, ero un osservatore privilegiato. Questa è la mia creatura». Più forte anche della calamità di Calciopoli: «Adesso il nostro marchio si è arricchito dalla storia del nostro tremendo ritorno». Una storia quasi centenaria: «I 90 anni di proprietà del club fanno di noi la proprietà più longeva nello sport a livello globale». E «la Juve e la Fiat sono i comuni denominatori della storia della famiglia». Il «Financial Times» ricorda una frase di Umberto Agnelli: «La squadra ha seguito l’evoluzione della nazione». E ora il Paese sta trascinando in basso il club? «Esatto».


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