Marotta: 'Questa la mia Inter migliore, Scudetto meglio che la Champions. Lukaku? Perfino Icardi meglio di lui'
Intervenuto al Festival dello Sport, evento organizzato dalla Gazzetta dello Sport, ospitato dalla città di Trieste, l'amministratore delegato dell'Inter, Giuseppe Marotta, ha toccato tutte le tematiche attuali che appartengono al club nerazzurro, ma anche spaziato tra diversi momenti che hanno segnato la sua carriera e le sue scelte, fino ad arrivare all'inchiesta che in questi giorni sta scuotendo la Serie A, quella che riguarda il calcio scommesse.
Abbiamo visto diverse Inter in questa stagone, qual è quella vera?
“A parte il fatto che spesso l’hanno definita “pazza’ e quindi c’è del DNA, dico che in una stagione ricca di impegni cui i nostri calciatori devono rispondere, è normale che anche dal punto di vista psicofisico ci siano stanchezze e cali di tensioni che lo staff tecnico deve gestire nel migliore dei modi insieme a tutte le altre figure che danno innovazione al nostro calcio. Bisogna arrivare al consuntivo finale che dimostrerà il valore reale di squadra e società”.
Come mai vi siete esposti in modo così netto sulla seconda stella?
“Nello sport essere ambiziosi non è un difetto ma un pregio, così come mantenere l’asticella alta, che è lo stimolo per tutte le componenti societarie, anche per quella che definisco la squadra invisibile, quella che sta dietro, che deve avere stimoli. Mai da confondere con arroganza. La rivalità è competitività e chi come me guida la gestione di squadra e società debba trasmettere questo concetto positivo”.
Milano si prepara ad accogliere Lukaku con 50 mila fischietti, cosa ne pensa? Sono dinamiche che bene o male, per chi come me ha visto tante partite, non devono spaventare. Quando si vive un’emozione, può essere positiva o negativa, così come un sentimento. Nel nostro sport il dio denaro la fa da padrona, ma per quanto mi riguarda Lukaku fa parte di un passato recente in cui non voglio entrare perché esiste un presente e un futuro. Lukaku è liberissimo di parlare se ritiene opportuno. La panchina di Istanbul? Le sue scelte non credo possano dipendere da un momento ma da un rapporto, che era di grande fiducia, rispetto e riconoscenza verso di lui. Nessuna componente societaria gli ha mai mancato di rispetto e abbiamo la coscienza pulita. La sua è una polemica sterile nella quale non vogliamo cadere. Ho sentito dei 50 mila fischietti, consideriamola una situazione da gestire bene, con la capacità di vivere il presente come un momento in cui bisogna concentrare le nostre forze. Non creiamo distrazioni in un momento in cui bisogna tifare per l’Inter. Detto questo, il tifoso ha diritto di criticare civilmente e questa è una libera scelta che deve essere accettata”.
Preferisce scudetto o Champions?
“Abbiamo parlato della seconda stella, soprattutto nell’ottica di una valutazione perché credo che per lo scudetto siamo altamente competitivi per quelli che sono gli oggettivi valori emersi. Vincere la Champions sarebbe una fonte di emozione e gratificazione nei confronti di tutti gli interisti. Ma essendo realista credo che sia una cosa abbastanza difficile. Farei un grande distinguo sportivo: vincere lo scudetto significa vincere una corsa a tappe dove alla fine vince il più forte. Mentre nella champions concorrono fattori e non sempre vince la più forte. Alla fine dico che sono per il campionato”.
Preferisce più quello che è stato l'approccio cinese verso il calcio o quello arabo, più attuale?
“Lo sport è universale, nel DNA del popolo mondiale, con interessi economici di alcuni continenti e nazioni. È normali che nel corso della storia si manifestino certi fenomeni, come in passato è accaduto in Cina e adesso in Arabia. Quello cinese è stato un fenomeno che si è chiuso nel giro di poco. Quello arabo sta portando grandi vantaggi economici ai club europei, ma una valutazione dovremo farla tra un paio di stagioni, perché se da una parte hanno portato linfa e proventi, dall’altra, i nostri campionati rischiano di impoverirsi perché la loro strategia è quella di andare a prendere anche giovani talenti, ancora professionisti. Quindi poi andrà tutto a cozzare con la vendita dei diritti televisivi e se il prodotto diventa più povero, i broadcaster non ti danno quello che serve”.
Le dà più soddisfazione battere il Milan o la Juventus?
“La vittoria dà comunque una grande sensazione. Parliamo di due avversari di assoluto rango. Il Milan è anche rappresentanza di un derby cittadino e si Sto arrivando! Che ha un sapore particolare. Con la Juve c’è il derby d’Italia, una società altrettanto storica e importante. Diciamo che dipende dai momenti. In questo campionato abbiamo già vinto contro il Milan quindi adesso tocca vincere con la Juventus”.
Birra o vino?
"Da italiano dico vino".
Preferisce Spalletti o Mancini? “Sono rimasto molto amareggiato perché non pensavo che Mancini ci abbandonasse e pensavo potesse continuare in questo percorso con la Nazionale. Ho accolto con grande orgoglio e con soddisfazione la scelta Spalletti, l’ho detto a lui e Gravina. Ho visto un allenatore molto carico, uno che proprio desiderava allenare la Nazionale, lo sta facendo come una missione, visto il contratto che spetta a chi allena la Nazionale. Considero Spalletti una grande persona e sono un suo ammiratore. La scelta Conte? Tutti quelli che si sono avvicendati all’Inter hanno dato un apporto. Io ho proposto una politica di cambiamento perché la ritenevo necessaria in quel momento storico per l’Inter, ma il contributo di Spalletti è stato importante e il suo lavoro è stato propedeutico allo scudetto. Dico Spalletti su Mancini”.
Nel 13-12-18 sei arrivato all’Inter, avevate lo stesso monte ingaggi di oggi ma nel frattempo avete anche giocato una finale di Champions e oggi concorrete per la seconda stella.
“C’è stato un cambiamento nel modello di riferimento del calcio mondiale, dovuto al Covid. Chi più spende più vince è un’equazione sbagliata per lo sport, ma avere a disposizione un budget per allestire una squadra è un fatto rilevante. Perché un conto è risparmiare e un conto è cercare di ridurre uno strumento importante perché poi hai difficoltà ad allestire una squadra competitiva, visto che da altre parti, come in Premier, hai altri ricavi”.
Com'è nata la tua storia con l'Inter?
“Quando si stava chiudendo il ciclo con la Juventus, al mattino successivo l’annuncio dopo la partita contro il Napoli, ricevo un messaggio da Zhang. Credevo fosse uno scherzo e allora chiamai in causa Cairo e mi confermò che quello era proprio il suo numero. Allora poi lo richiamai e fissammo subito un appuntamento”.
Quale colpo di mercato ti ha dato maggiori soddisfazioni?
“Sono stati 5 anni ricchi, intensi e bellissimi. Diamo merito alla famiglia Zhang, spesso messa alla berlina, ma hanno profuso milioni nell’Inter e non creano pressioni nei nostri confronti. Hanno chiaro il concetto di delega, ci hanno dato carta bianca e Piero Ausilio in questi anni ha avuto un ruolo importanti in termini di scelte e intuizioni. Colpi ne abbiamo fatti tanti, in entrata e in uscita. Mi viene in mente Icardi, che abbiamo dato al PSG per 50 milioni quando aveva perso il suo appeal. E poi anche tanti parametri zero che ci hanno dato soddisfazioni. La perfezione non esiste, ma in base alla nostra possibilità, abbiamo allestito squadre competitive, con cultura della vittoria e senso di appartenenza, importante in tutte le discipline, di gruppo e singole. Sono due caratteristiche fondamentali per arrivare a traguardi importanti. Il rimpianto? Sono cose che fanno parte della vita, non si possono non avere altrimenti saremmo macchine. Ma è attraverso i rimpianti, che forse sono anche sinonimo di sconfitta, che si va avanti. Mandela diceva: “io non perdo mai, o vinco o imparo”. Magari quel momento in cui arrivi secondo su un calciatore ti serve a capire dove hai sbagliato. Anche a Istanbul abbiamo perso ma imparato cosa significa giocare da professionisti in Champions e molti ragazzi giocavano una finale Champions per la prima volta. È stata un’esperienza importante e questa Inter è figlia anche di Istanbul e di un intero processo societario che ci ha portato a cambiare 12 calciatori. Abbiamo scelto profili giusti al nostro modello di riferimento, con uno zoccolo duro di italiani e con onore dico che stasera 6 interisti rappresenteranno la Nazionale. Questo crea i presupposti ad essere competitivi ed accogliere nuovi prospetti”.
Onana potrebbe tornare all'Inter?
“Non so ancora percepire il futuro, ma tutto può accadere nel calcio, anche se i cavalli di ritorno hanno dato nella storia del calcio risultati positivi e negativi. Onana è stato importante per noi e noi per lui”.
Thuram sembrava destinato al Milan, poi cosa è successo?
“Alla fine la decisione importante è quella del calciatore e anche in questo caso è stato lui a decidere nonostante avesse altre offerte. Anche così viene garantito il senso di appartenenza. Lui ha ponderato quale potesse essere la scelta giusta per lui e credo che il ruolo del papà abbia influito. Ma come Thuram ci sono tanti casi e noi come Inter siamo tornati a essere appetibili. Abbiamo ricevuto tante proposte da parte di calciatori che avrebbero piacere di giocare con noi. Significa che l’Inter sta tornando quella di una volta”.
Anche per Frattesi è andata così?
“Il vantaggio che posso aver rappresentato io può essere il mio rapporto con Carnevali, ma l’indicazione è sempre di Ausilio e Baccin, poi ognuno mette a disposizione della causa le proprie doti. Tutto questo ha fatto sì, insieme anche alla proprietà, abbiamo chiuso un’operazione importante. Ci sono tante componenti che incidono su un trasferimento, non ultime mogli e fidanzate”.
Invece cosa è accaduto con Scamacca?
“Abbiamo iniziato una negoziazione con lui e con club. C’è stata la sua iniziale disponibilità, poi ha preferito scegliere una strada diversa che può essere dettata al fatto che magari in quel momento lì può giocare di più. Così ci siamo messi da parte e ritirati alla corsa, senza entrare in competizione con l’Atalanta”.
Parlando di Pogba, le ha dato più soddisfazione prenderlo a zero o venderlo a oltre 100 milioni?
“Da amatore del calcio, dico che l’acquisto mi ha dato molte soddisfazioni, perché ha coinciso con sue grandi prestazioni e vittorie per il club. Poi averlo ceduto a quella cifra rappresenta qualcosa di meno emozionante, ma è stato qualcosa di clamoroso, che mi lusinga a livello manageriale. E voglio ricordare Mino Raiola, che era una persona burbera ma molto molto professionale”.
Calcio o politica?
“Sono nato nel calcio e voglio essere un professionista nel calcio. Poi mi piacerebbe, oggi mi sento appagato dal punto di vista professionale, anche se manca il fiore all’occhiello che è la Champions, magari c’è ancora tempo per farlo. Ho dato molto e ho ricevuto tantissimo. Mi sento di dover restituire quello che ho ricevuto e il passaggio successivo, cioè occupandomi di questo fenomeno sociale da tecnico, mettendo a disposizione la mia esperienza, è un atto doveroso da parte mia, anche nel trasmettere valori positivi a questi ragazzi”.
Che idea si è fatto in merito a quanto sta accadendo nuovamente in Italia con il calcio scommesse?
“Non voglio entrare nel merito di una situazione che è ancora frutto di indagine. Lo scommettere è un vizio antico dell’essere umano, va combattuto eticamente. Il calciatore fa parte di quelle categorie di sportivi particolare, diventano presto ricchi e hanno tanti spazi vuoti, che dovrebbero riempire con iniziative positive. Spesso ci sono mancanze di contenuti e valori in questi giovani e la classe dirigenziale deve essere espressione anche di certe associazioni in cui siamo mancati e manchiamo ancora. Dal 1980 al 2023 si ripetono sempre gli stessi scandali, anche di fronte ai cambiamenti generazionali. Manca l’atto di prevenzione. Non lo stiamo facendo bene e i ragazzi scivolano ancora su queste situazioni, che a loro non portano nulla ma che anzi potrebbe generare loro interruzione della carriera o grandi danni”.
Sandro Ciotti o Enrico Ameri?
“Il calcio è un generatore di emozioni, quando sentivi quelle voci… Il primo regalo per la promozione alle medie fu una radiolina. Tutte la partite iniziavano insieme e c’era un’alternanza di emozioni. Calcio romantico che però adesso non c’è più”.
Conte o Allegri? Entrambi sono allenatori vincenti, una caratteristica importante per un tecnico. Ci sono quelli vincenti e quelli sfigati. Il loro comune denominatore è che sono vincenti. Vincere con Antonio all’Inter è stato straordinario. Entrambi mi hanno regalato grandi emozioni.
Preferisce Lukaku o Icardi?
“Scelgo Icardi per come poi sono andate le cose”.
Ha iniziato a fare il dirigente a 19 anni, come mai?
“Ho avuto la consapevolezza di capire che non avrei fatto carriera come calciatore. Il mio sogno nel cassetto, di diventare dirigente, era anche dettato dal fatto di voler comunque trovare lavoro in un mondo che mi aveva sempre appassionato”.
Quanto si riconosce in questo calcio?
“Adeguarsi ai tempi è un atto di intelligenza da parte di tutti noi. Nell’innovazioni ci sono nuove realtà, come algoritmi e intelligenza artificiale, tutte realtà che ci propongono. Il manager deve adeguarsi ai tempi. Dobbiamo prendere atto di questo cambiamento, cercando di sfruttare al meglio ciò che ci viene proposto, con l’essere umano sempre al centro di tutto, con i suoi valori e la sua intelligenza”.
Il colpo di mercato che più l’ha impressionata?
“Bellingham, calciatore fortissimo. Perché rappresenta soprattutto il futuro. Questa è l’operazione più importante. E il rammarico è non aver preso Haaland quando ce lo proposero ai tempi”.
Dove sarà in classifica l’Inter alla prossima sosta?
“Adesso meglio fare il cacciatore che la lepre. Adesso c’è stanchezza per la compressione per i tanti appuntamenti, ma abbiamo una rosa di qualità che Inzaghi può gestire nel migliore dei modi. Questa secondo me è la mia migliore Inter”.