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95 anni prima di Cancelo: Rosetta, il professionismo e la Juve ko a tavolino
PAGATI PER GIOCARE - Appena finita la guerra, con il calcio che si rimette in moto, riprende anche l'abitudine in molte società di pagare sottobanco con finti rimborsi spesa i calciatori che ancora all'epoca sono rigorosamente dilettanti. Quella dei rimborsi spesa è un modo non proprio ortodosso di aggirare le norme federali ed attrarre i calciatori verso le società più facoltose, cioè quelle che si possono permettere di spendere soldi per accaparrarsi i giocatori migliori. Una delle società più attive in tal senso è il Genoa, come abbiamo avuto modo di raccontare in questa rubrica. Di contro molte società non possono o non vogliono pagare i calciatori per giocare, una di queste è la gloriosa Pro Vercelli, società dilettantistica capace di vincere ben sette campionati negli anni a cavaliere della Prima guerra mondiale, l'ultimo dei quali proprio nella stagione 1921/22, che per le note vicende venne “sdoppiato” in due tornei separati e di uguale importanza. Lo scenario del calcio italiano sta mutando in fretta, il dilettantismo è accerchiato sempre più da interessi economici crescenti, da un numero sempre in aumento di calciatori che vogliono essere pagati per giocare e da industriali che prendono ad interessarsi al calcio acquisendo società pronti ad investire notevoli capitali. Tra gli altri Agnelli per la Juventus, Sacerdoti per la Roma e Borletti presidente dell'Internazionale.
IL PRECEDENTE DI GAY - Una delle società “storiche” più in difficoltà è la Pro Vercelli il cui presidente agli inizi della stagione 1923, pressato da richieste economiche dei suoi giocatori, manda ad ognuno di loro una lettera nella quale invita i calciatori che non vogliono giocare gratuitamente ad andarsene via. L'invito – se così vogliamo definirlo – viene preso al volo da Gay e Rosetta che presentano a loro volta una lettera di dimissioni accettata dalla società vercellese il 4 settembre 1923. Gay e Rosetta vengono così messi entrambi “fuori rosa”, ma mentre Rosetta rimane momentaneamente fermo, Gay – forte già di un accordo con il Milan – chiede e ottiene di essere inserito nella lista di trasferimento, anche se servirebbe l'attestazione della residenza a Milano. Il comune di Vercelli certifica che il Gay risiede in detto comune, ma la Lega Nord – presieduta dal milanese Baruffini – per aggirare l'ostacolo si avvale di un certificato di una ditta, la Richard Ginori, che dichiara che già da due anni il Gay risulta alle proprie dipendenze. Parallelamente si sparge la voce per la quale la Juventus avrebbe presentato una ricca offerta a Rosetta, anche se per ufficializzare il tutto starebbe attendendo che la Lega dia il benestare al trasferimento di Gay. Il 24 ottobre 1923 tale benestare viene ufficializzato provocando le furibonde reazioni dei tifosi della Pro Vercelli. Non solo: anche le vibranti proteste del presidente federale – nonché presidente della Pro Vercelli – Bozino, che alla fine si dimette dalla carica di presidente della F.I.G.C.
IL CASO ROSETTA - Carlo F. Chiesa ha raccontato minuziosamente quello che all'epoca passò alla storia come il “Caso Rosetta”. Cerchiamo di sintetizzare. Dopo l'autorizzazione rilasciata al trasferimento di Gay dalla Pro Vercelli al Milan, Rosetta chiede di essere inserito a sua volta nella lista di trasferimento ma la Lega – differentemente da quanto fatto con Gay – rimanda la decisione; per ritorsione Rosetta spiega ricorso al Consiglio Federale il quale, il 24 novembre, gli dà ragione. La confusione ora è totale: a quel punto la diatriba è tra enti ufficiali, tra la Lega e la Federazione. Forte della decisione federale a favore del giocatore la Juventus inizia a schierare Rosetta nelle successive partite di campionato, ma la Lega dichiara tali partite perse a tavolino provocando così il ricorso della società bianconera al Consiglio Federale che le dà ancora ragione. A quel punto anche il presidente della Lega, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni, respinte dal Consiglio di Lega, indice un'assemblea straordinaria per il 6 gennaio, ma la Federazione gioca d'anticipo e il 30 dicembre dichiara decaduto tutto il consiglio direttivo della Lega, nomina Giovanni Mauro commissario straordinario, annulla la convocazione del 6 gennaio e convoca un'assemblea plenaria per il 9 febbraio. A questo punto interviene il C.O.N.I che delibera di invitare la Presidenza Federale a “considerare il Consiglio della Lega Nord legalmente in carica fino al giorno della suddetta Assemblea e il Consiglio della Lega Nord e i Comitati Regionali dipendenti a rimanere disciplinati al loro posto” A Torino, agli inizi del febbraio 1924, il Consiglio Federale viene sfiduciato ed è costretto a rassegnare le dimissioni e al suo posto viene nominato un Direttorio composto da sette membri con il compito di governare la Federazione sino alla prossima Assemblea straordinaria, fissata per il 28 e 29 giugno. E' il Direttorio a dirimere definitivamente la controversia sul “caso Rosetta” nella riunione del 17 febbraio. Il quotidiano La Stampa l'indomani così riporta la notizia:
“(...) In conformità del deliberato dell'assemblea il direttorio considera come non emessa la tessera a favore del giuocatore Rosetta. Detto giuocatore viene quindi assegnato alla Pro Vercelli finchè questa non lo metterà in regolare lista di trasferimento, detto giuocatore non potrà partecipare per l'anno in corso a gare di campionato”. Ormai la vicenda sta arrivando al suo epilogo. Vengono confermate le sconfitte a tavolino per la Juventus della prime tre partite giocate con Rosetta in campo, mentre le altre vengono comunque omologate; Rosetta non avrebbe più giocato per l'intero campionato.
Ovviamente siamo in Italia e il finale non può che essere una farsa.
Il Direttorio, nella stessa riunione, nomina Vittorio Pozzo commissario unico della nazionale che avrebbe partecipato alle prossime Olimpiadi e Pozzo vuole a tutti i costi Rosetta a disposizione per la Nazionale, senonché il giocatore, non certo felice per come sono andate le cose, oppone un fermo rifiuto alla convocazione. In questo è spalleggiato dal suo datore di lavoro che è un consigliere della Juventus che gli nega il permesso. A questo punto – tenendo ben presente che il Direttorio ha appena statuito che Rosetta è ancora della Pro Vercelli – il C.O.N.I chiede formalmente alla Juventus di “adoperarsi per ottenere il necessario benestare per Rosetta da parte della ditta per la quale lavora”. Insomma, la Juventus deve mettere a disposizione della nazionale un giocatore... di un'altra squadra! Tutto ciò detto, sta per sgretolarsi definitivamente il principio del dilettantismo, tanto caro e sacro per i pionieri e nell'estate del 1924 sarebbe stato fatto un ulteriore passo verso il professionismo con l'abolizione del vincolo di residenza.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)