6 gennaio 2021, l'assalto al Congresso: un giorno buio per la storia d'America. L'urgenza ora è rimuovere Trump
Mentre leggete stanno pensando di rimuoverlo a termini di legge di emergenza, stanno pensando di togliergli i poteri da presidente. Lo stanno pensando dentro la Casa Bianca, lo sta pensando il vice presidente repubblicano, lo stanno pensando senatori e deputati repubblicani. Rimuovere Trump è il pensiero, l'urgenza di tutte le istituzioni statunitensi perché Trump presidente, anche per i soli 14 giorni che restano al suo mandato, è un pericolo e una minaccia per gli Stati Uniti.
Era il mattino di ieri, per il pomeriggio era fissata in Campidoglio la procedura con cui Camera e Senato verificano e ratificano i risultati delle presidenziali di novembre. Due giorni prima Trump aveva ordinato ai funzionari governativi della Georgia di allestire un broglio elettorale, aveva ordinato di inventarsi 12 mila voti per lui. Non gli avevano obbedito: il vertice repubblicano della Georgia gli aveva detto di non poterlo fare perché, semplicemente, i voti per Biden in Georgia erano regolari.
Era il mattino di ieri a Washington e dalla Georgia arrivava la notizia, anzi arrivavano altri voti, l'esito delle elezioni per i senatori della Georgia appunto. Doppia vittoria democratica, Trump perdeva anche il controllo del Senato. Ora Camera e Senato, il Campidoglio tutto, insomma il Parlamento americano rispecchiavano e riproducevano la vittoria elettorale di Biden alle presidenziali e la sconfitta di Trump in libere e regolari elezioni.
Era il mattino inoltrato di un giorno che passerà alla storia americana e, davanti al Congresso, davanti alla rappresentazione fisica della democrazia e della volontà popolare, Trump aveva allestito un palco. Su cui saliva non per un comizio di sfida politica ma per lanciare migliaia di persone all'assalto armato al Campidoglio. Trump alla piazza diceva: "Biden presidente illegittimo, non ne possiamo più, non possiamo più sopportare questo".
Davanti a Trump migliaia, venuti per questo e non per altro, capivano il segnale e muovevano all'assalto del Campidoglio. Molte divise paramilitari, non poche armi, gas urticante da usare contro la polizia e contro i parlamentari. Sfondavano difesa e cordoni deboli forse per impreparazione o forse volutamente deboli per non far scorrere sangue e dare alla rivolta dei forse ricercati martiri. Entravano negli edifici del Parlamento americano, costringevano i parlamentari a mettersi in salvo, si sedevano con disprezzo sui seggi e sui banchi di Camera e Senato.
L'assalto al Parlamento, la rivolta armata contro la democrazia. Negli Usa, non in Sud America o Africa o Sud Est asiatico. L'assalto al Parlamento, lo sfregio e l'umiliazione della democrazia nella democrazia più grande del mondo. Assalto lanciato da Trump che di quella democrazia è il presidente.
In democrazia Trump degli Usa è presidente fino al 20 gennaio. Poi non più perché ha perso le elezioni. Ma Trump erano mesi e mesi che pubblicamente dichiarava: elezioni valide solo se vinco io, altrimenti elezioni truccate. Alle milizie paramilitari che lo sostengono aveva detto: "State indietro ma state pronti". Indietro fino al voto, pronti se il voto mi assegnasse sconfitta. E ieri mattina Trump li ha lanciati e loro erano pronti.
Ci sono stati morti, al momento pare quattro di cui tre caduti dalle balconate del Congresso, caduti di sotto nella frenesia dell'assalto e nell'orgia ebbra dello sfascio delle cose, sedie, uffici, vetri, scale e mura della democrazia.
Prima di lanciare l'assalto armato al suo stesso paese Donald Trump aveva chiesto, ordinato, intimato di negare e rovesciare d'imperio e con la forza il risultato del voto popolare. Gli avevano risposto no in sequenza: i vertici militari, il vice presidente repubblicano Pence, il leader repubblicano McConnell, i governatori repubblicani e perfino lo staff della Casa Bianca
Era ieri mattina quando un presidente americano infedele alla Costituzione lanciava l'assalto armato al Campidoglio, assalto che devastava la democrazia ma non andava a segno nel cancellarla. Perché Tribunali d'America, tutti, chiamati a verificare regolarità del voto e poi Governatori di Stati e poi funzionari e poi leader e poi il vice presidente, tutti repubblicani e tutti scelti e nominati da Trump, si dichiaravano e agivano come fedeli alla Costituzione e non a Trump.
Sei gennaio 2021, un giorno che resterà nella storia americana come quello in cui un presidente battuto alle elezioni disse alle sue milizie armate: le elezioni non valgono, vale la forza, andate e colpite. Più di una sommossa, una rivolta contro la regola prima della convivenza e cioè l'accettazione del risultato elettorale. Una rivolta preparata, voluta, lanciata dal comandante in capo, Donald Trump l'eversore con indosso ancora i panni del presidente.