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    2022: l'estate in cui Cristiano Ronaldo gettò la maschera. Un egotista capriccioso che non vuole più nessuno

    2022: l'estate in cui Cristiano Ronaldo gettò la maschera. Un egotista capriccioso che non vuole più nessuno

    • Pippo Russo
      Pippo Russo
    Un esemplare professionista di se stesso. L'estate 2022 ha permesso di conoscere finalmente la vera dimensione di Cristiano Ronaldo: l'egotismo assoluto. Una totale autoreferenzialità rispetto alla quale tutto il resto è un dettaglio. Comprese le società che lo pagano esosamente e le squadre che si mettono al sul servizio ricevendone in cambio, nella migliore delle ipotesi, qualche gesto di degnazione.

    Tutto ciò era stato già abbastanza chiaro durante il triennio juventino, chiuso in modo brusco e capriccioso senza che la società bianconera ricavasse dalle sue prestazioni ciò che si aspettava: la vittoria in Champions League. E adesso la scena viene replicata in modo peggiorativo a Manchester. Dove questo signore di 37 anni, con ancora un anno di contratto in essere a 29 milioni di euro netti all'anno, fa i capricci perché vuole giocare la Champions. Come se fosse un suo diritto divino. E dimenticando che se i Red Devils non la disputano è anche per demeriti suoi, che non è stato capace di dare alla squadra l'apporto che la squadra si aspettava. Ciò che la squadra e la società si aspettavano da lui era che arrivassero dei trofei grazie al suo apporto. Altrimenti cosa lo prendi a fare un calciatore così costoso, ingombrante per lo spogliatoio e avanti con l'età?

    E invece niente, per il Manchester United la stagione 2021-22 con CR7 in squadra è stata da zero tituli: 6° in Premier, eliminato al quarto turno di FA Cup, eliminato al terzo turno di Coppa di Lega, eliminato agli ottavi di finale di Champions. E su quest'ultimo dato, l'insuccesso nella principale coppa europea per club, bisogna soffermarsi.

    Il portoghese ha ottenuto con la maglia dei Red Devils lo stesso (modesto) esito che aveva raggiunto nelle ultime due stagioni juventine. A Torino sbuffava e faceva il sostenuto, come a lasciar intendere che la squadra messa a disposizione dalla società non fosse all'altezza delle sue personali potenzialità. Ma poi a Manchester ha ottenuto l'identico risultato, in una squadra di ben altre potenzialità. Concludendo nella modestia un'avventura che era stata possibile grazie a un risultato (la qualificazione in Champions) ottenuto prima che lui arrivasse. Perché qui sta il punto: senza CR7 il Manchester United aveva conquistato una piazza in Champions, con CR7 ha fallito l'obiettivo. Però lui fa i capricci perché vuole giocarla. Una fuga sprezzante dalla realtà e dalle responsabilità professionali.

    E proprio sul tema delle responsabilità professionali bisogna tornare per fare qualche considerazione e dire delle parole di verità. In questi anni è stata propagandata in ogni modo la scrupolosità professionale di CR7 nel mantenersi in forma, nell'allenarsi più degli altri andando oltre i carichi pretesi da tecnici e preparatori, nel sottoporsi persino alla crioterapia domestica per smaltire più in fretta la fatica. E a nessuno sorgeva il dubbio che facesse tutto ciò soltanto per se stesso, mica per le società che nel corso degli anni si sono svenate per pagarlo.

    La verità è che quando si parla di Cristiano Ronaldo ci si deve riferire a una multinazionale calcistica individuale, che ha con le società di calcio per cui è tesserato un rapporto da joint venture. Lui deve macinare numeri e record soltanto per se stesso. Trofei, riconoscimenti personali, nuovi primati, tutte cifre che sovente viaggiano disallineate rispetto ai risultati delle squadre in cui gioca. CR7 gode e trionfa. Le sue squadre pagano, sacrificano al suo egotismo gran parte degli equilibri (i calci di rigore sono tutti suoi, e in ampia quota anche le punizioni dal limite dell'area), ma poi magari vincono ciò che avrebbero vinto anche senza di lui, e perdono con lui in campo trofei che senza di lui avrebbero perso risparmiando.

    Emblematico di questa divaricazione è l'ultimo anno di militanza juventina, il 2020-21: lui vince per la prima volta e unica volta la classifica dei cannonieri di Serie A, la Juventus con lui in campo interrompe il ciclo di 9 scudetti consecutivi. E dopo che lui se ne va sbattendo la porta, a campionato iniziato, la squadra di Allegri conquista una piazza in Champions mentre il Manchester United con lui in campo ne rimane fuori.

    Adesso che punta i piedi per giocare la massima competizione europea, Cristiano Ronaldo non ha nemmeno il tempo per rendersi conto che fra i grandi club europei non lo vuole più nessuno. Nemmeno lo stesso Manchester United, il cui neo allenatore Ten Hag lo aveva bellamente congedato facendo capire che, di uno così, i suoi meccanismi di squadra e di spogliatoio fanno volentieri a meno. Ma in questo momento i Red Devils devono tenere il punto: è CR7 un dipendente del Manchester United, non il Manchester United un dipendente di CR7. E Ten Hag si allinea. Se proprio deve tenerlo in rosa, lo terrà. E magari lo farà giocare in Europa League, con sua grande gioia.

    Quanto a lui, non avrebbe scartato nemmeno l'ipotesi di giocare all'Atlético Madrid. Dove i tifosi colchoneros, in seguito al suo passato madridista e al gesto volgare dopo la tripletta di Juventus-Atlético del 2019, hanno immediatamente posto il veto. Potrebbe anche prendere in considerazione lo Sporting Portugal, la squadra in cui è cresciuto e dove racconta di voler finire la carriera. Lì gli mettono a disposizione la possibilità di giocare la Champions. Ma dovrebbe ridursi lo stipendio di almeno l'80%. Come non detto. Perché lui vuole tutto, e soprattutto vuole tutto per sé. È sempre stato così, e invecchiando è peggiorato. Che brutta cosa non avere il senso del limite.

     

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