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    Zola: 'Riva il mio Dio, mi ha lasciato un segno come Maradona, Vialli e Paolo Rossi'

    Zola: 'Riva il mio Dio, mi ha lasciato un segno come Maradona, Vialli e Paolo Rossi'

    Gianfranco Zola ricorda Gigi Riva. L'ex calciatore di Napoli, Parma, Chelsea e Cagliari ha dichiarato in un'intervista alla Gazzetta dello Sport: "Mio papà Ignazio aveva fatto il pastore e il camionista, non aveva avuto tempo di giocare a calcio perché doveva lavorare. Non aveva mai visto una partita, non gli interessava proprio. Fino a quando all'età di 30 anni circa gli capitò di vedere GigiRiva, tutto attaccato come PaoloRossi. Vide una partita del suo Cagliari. E soprattutto vide giocare lui. E divenne 'matto'. Matto di calcio e di quell'omone che faceva gol, che esaltava tutti. Da quel giorno divenne un maniaco del calcio, mi portò agli allenamenti, mi regalava palloni, divenne poi presidente della squadra del paese: ecco, da quel momento in cui lui si è sportivamente innamorato di Gigi, io sono diventato un calciatore grazie al mio papà e a lui. In un certo senso Riva è dentro di me". 

    DIO - "Gigi per me era una divinità, era Dio, il centro dell'Universo, l'uomo che ha raffigurato e sostenuto un popolo, il nostro popolo. Lui non era un uomo costruito, era naturale. Lui non è nato in Sardegna, ma ha scelto la mia terra e l'ha coltivata. Vidi quell'omone grande e carismatico per la prima volta in un piccolo torneo, un Memorial per il quale Gigi era venuto a dare il calcio d'inizio o a fare da testimonial. Eravamo a metà degli Anni 80, credo. Non gli chiesi l'autografo solo perché dovevo cominciare a giocare. Avevamo anche mangiato insieme a un ristorante vicino al porto non molto tempo fa. Ci sentivamo sì, piacevolmente anche. Parlavamo anche della nostra gente: pur non essendo nato qui, aveva una sensibilità verso questa terra straordinaria, unica. Era vicino alla gente e alla gente ci teneva. I minatori, i venditori di latte: ha spalleggiato le loro battaglie, ha parlato in loro favore sempre senza una frase in più ma con ragionamenti sobri, suoi, quelli senza tanti giri di parole inutili. Era il nostro portavoce. Era schivo, onesto e schietto: sì, dava suggerimenti onesti. E non aveva problemi a esporsi. A darsi. Non aveva peli sulla lingua, mai. Di lui, umanamente, mi piaceva anche che se ne fregava di dire cose che magari sarebbero potute essere scomode. E giocava a calcio da campione. Poco alla volta sono stati fatti paragoni con altri, magari prendendo in esame il sinistro, la potenza, il fisico, il colpo di testa. Sembrerà banale: ma per me, e credo anche per tanti che hanno visto il calcio da lui in poi, resta e resterà un pezzo unico". 

    IN NAZIONALE - "Ci conoscemmo per bene: lui era legato a Roby Baggio, ma dispensava consigli a chi li chiedeva. Lo chiamai prima del mio ritorno in Sardegna, a Cagliari: gli chiesi com'era l'ambiente, come la squadra, il presidente Cellino, insomma se sarebbe stato il caso di abbandonarmi definitivamente alla voglia di tornare nella mia terra. Fu importante, mi diede suggerimenti enormi. Diego Maradona, Gianluca Vialli, Paolo Rossi e ora lui: mi hanno tutti lasciato un segno". 
     

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