Calciomercato.com

  • Yonghong Li: prestiti a interessi folli per pagare il Milan. Fallisce in Cina la sua 'cassaforte'. Ora tocca a Elliott

    Yonghong Li: prestiti a interessi folli per pagare il Milan. Fallisce in Cina la sua 'cassaforte'. Ora tocca a Elliott

    Dopo l'inchiesta avviata più di un mese fa arriva una nuova puntata dell'indagine avviata dal Corriere della Sera e a firma di Milena Gabanelli sullo stato patrimoniale del numero 1 del del Milan, Yonghong Li. La credibilità economica del presidente cinese é stata infatti minata dalla decisione presa in Cina di dichiarare fallita la società Jie Ande che Mr. Li aveva presentato nel suo patrimonio come "cassaforte" al momento dell'acquisto del club. L'inchiesta testimonia come il presidente rossonero abbia perfino accettato prestiti con interessi sopra il 20% pur di garantire la continuità aziendale, ma la sua credibilità, a pochi mesi dal rimborso del prestito ottenuto da Elliot sembra ora troppo minata. Secondo Repubblica, in un articolo a firma Enrico Currò, il fondo americano sta spingendo sempre più Yonghong Li verso l'addio anticipato e garantirà un ulteriore prestito da 35/40 milioni affinché il club rossonero possa rispettare i parametri di iscrizione alle prossime competizioni nazionali e non solo. Ecco di seguito le due mini-inchieste.


    Di Milena Gabanelli e Mario Gerevini per il Corriere della Sera.
    Arriva il commissariamento da Pechino per la cassaforte di Yonghong Li, 48 anni, proprietario e presidente del Milan. Il tribunale del popolo di Shenzhen ha infatti ufficialmente dichiarato fallita la Jie Ande sulla quale fino a ieri pendeva una richiesta di liquidazione per bancarotta da parte della Banca di Canton. La sentenza, secondo quanto emerso nelle ultime ore, ha spazzato via la gestione targata mister Li, responsabile del dissesto, e nominato con pieni poteri un avvocato dello studio legale Jindu di Pechino. «La situazione relativa a tutte le mie risorse personali è completamente sana», diceva appena un mese fa l’uomo d’affari. La Jie Ande è il principale azionista con l’11,4% di un’azienda quotata alla Borsa di Shenzhen ed era accreditata come la società più importante e più liquida tra quelle indicate nel curriculum ufficiale del finanziere cinese residente a Hong Kong che, meno di un anno fa, acquistò il Milan dalla Fininvest per 740 milioni. All’epoca la Jie Ande era già insolvente ma nessuno, tra banche, consulenti e controparte, lo verificò.

    SOLIDITÀ PATRIMONIALE - Dal commissariamento non ci sono effetti diretti sul club rossonero ma solidità patrimoniale e credibilità del suo presidente, già traballanti, subiscono un ulteriore colpo. Gli effetti indiretti dipendono dagli spazi di manovra del commissario e dalle norme cinesi: cioè fino a che punto e a che livello può essere eventualmente «aggredito» il patrimonio di mister Li per soddisfare i creditori. Però è evidente che con un crac sulle spalle, la sentenza di un tribunale e altre banche «inchiodate» che pretendono risarcimenti, anche il più spregiudicato uomo d’affari faticherebbe ad accreditarsi su quel mercato. Eppure per il club è fondamentale fare business in Cina e farlo presto. Essenziale, in particolare, per chiudere il bilancio al 30 giugno e dare continuità all’azienda Milan. Se è pacifico che i debiti (gli oltre 300 milioni di Elliott) vadano rifinanziati , d’altra parte senza un adeguato fatturato la costosa macchina si inceppa. Le misure tampone possono arrivare dallo stesso fondo americano che non avrebbe problemi a prestare altri 30-40 milioni destinati al club se servissero a garantire tra un mese l’Uefa e un futuro nelle coppe al Milan. Non è generosità ma calcolo: eventuali sanzioni inciderebbero sul valore della società che è a garanzia dei prestiti. Yonghong Li mantiene gli impegni, sostengono al Milan elencando i bonifici per gli aumenti di capitale.

    RITARDI E TASSI - Ma è un continuo arrancare tra ritardi e tassi che sembrano una condanna di inaffidabilità: per pochi milioni non restituiti alla scadenza a una finanziaria di Cayman (che ha in pegno una delle holding del Milan con sede alle Isole Vergini) , Li ha accettato di pagare un interesse del 24% in cambio della proroga del finanziamento e facendosi garantire dalla moglie. Insomma se la squadra con Rino Gattuso è riemersa e viaggia a buon ritmo, la società vive alla giornata e da mesi è alla caccia di un rifinanziamento che sia accettabile in termini di tassi e di commissioni. L’intera operazione Milan-Li, oggi che i nodi del passato vengono al pettine, appare dunque come un enorme azzardo (se non messinscena) finanziario con scarsissimi contenuti e visione imprenditoriali. E il commissariamento della Jie Ande conferma quanto fosse «drogato» quel patrimonio dichiarato dal cinese, comprensivo di miniere e altre proprietà difficilmente individuabili o quantificabili o attribuibili. L’avvocato dello studio di Pechino nominato dai giudici potrà ora certificare se davvero quel piccolo tesoro detenuto dalla cassaforte Jie Ande, cioè la partecipazione dell’11,4% nella quotata Zhuhai Zhongfu, fosse davvero di mister Li come da lui dichiarato. O non, invece, di un certo Jinzhong Liu, come dichiarato nei bilanci.


    Di Enrico Curró per la Repubblica
    Dopo il prestito di 303 milioni, il fondo ne garantirà altri 35 per l’aumento di capitale. Il club sarà messo in vendita e dopo la pausa della Nazionale si decideranno le sorti sportive del Milan. Il dittico che in quattro giorni vedrà i rossoneri affrontare Juventus ( 31 marzo) e Inter ( 4 aprile) dirà molto delle possibilità dei rossoneri di qualificarsi per la prossima Champions. Per il suo proprietario, invece, il destino sembra già segnato e se ne avrà evidenza - emblematicamente nella settimana che anticipa la Pasqua - quando la “passione” finanziaria che ha accompagnato fin qui l’avventura di Yonghong Li, uomo d’affari cinese ma con passaporto di Hong Kong, si arricchirà di una nuova stazione: la settimana prossima è previsto un consiglio di amministrazione nel quale verrà deliberato un nuovo aumento di capitale per l’Ac Milan. Ma a garantire i 35 milioni necessari per gestire nei prossimi mesi il club non arriveranno dai conti correnti di mister Li.

    A versarli sarà ancora una volta il fondo di investimento americano Elliott, lo stesso che con il suo prestito da 303 milioni ha già consentito al finanziere asiatico di chiudere l’acquisizione del Milan dalle mani della Fininvest di Silvio Berlusoni. Tecnicamente, si tratta di un altro prestito: il debito di Yonghong Li nei confronti del fondo americano è così destinato a salire oltre i 400 milioni (interessi e spese comprese).

    Ma non è tutto. Elliott ha già fatto sapere ai dirigenti rossoneri – e in primis all’amministratore delegato Marco Fassone – di essere disponibile a “ supportare” il club anche nell’incontro che ai primi di aprile avrà con l’Uefa, quando dovrà fornire le garanzie finanziarie necessarie per chiudere l’accordo sul settlement agreement, scoglio da aggirare per potersi iscrivere alle competizioni europee per la prossima stagione. Anche se formalmente Li rimarrà il proprietario del Milan, quanto accadrà nei prossimi giorni ha un solo significato e una sola lettura possibile: di fatto, il club è già sotto la “ tutela” di Elliott.

    Il fondo americano, fondato alla fine degli anni ’ 70 da Paul Singer, giovane laureato in legge ad Harvard, e ora gestito da Londra assieme al figlio Gordon ( per ironia del destino, sono grandi tifosi dell’Arsenal), potrebbe già rivendicare il diritto sulle azioni del Milan. Le ha ricevute in pegno come garanzie per il prestito da 303 milioni concesso nella primavera scorsa.

    Così stando le cose perché allora non le reclama? Una spiegazione possibile è di natura per così dire politica. In questo momento, il fondo americano è molto sovraesposto mediaticamente perché impegnato in una battaglia assembleare per la nomina del nuovo consiglio di amministrazione di Telecom Italia: Elliott vuole togliere il controllo al colosso francese dei media Vivendi, lo stesso che guarda caso ha cercato di scalare Mediaset. In pratica, un doppio assist al mondo che ruota attorno a Fininvest, pur avendo fatto in entrambi i casi il suo interesse.

    Ma non è detto che Elliot diventi mai, nominalmente, il proprietario del Milan. Non avendo intenzione di gestire a lungo il club, è più che probabile che la società verrà presto messa in vendita, lanciando una sorta di asta. Del resto, lo stesso Yonghong Li – con l’inizio dell’anno – aveva dato mandato per cercare un socio che lo sostenesse nell’investimento finanziario.

    Per cui, come si dice negli ambienti finanziari, il dosser Milan è già finito sul molti tavoli: come Repubblica ha già anticipato nelle ultime settimane alcuni investitori arabi in particolare, ma anche americani e russi hanno chiesto notizie. Le voci sulle difficoltà economiche di Li hanno rallentato le possibili trattative. Ma ora che è uscita allo scoperto la tutela di Elliott tutto potrebbe essere accelerato. L’ad Fassone, guarda caso, sarà nei prossimi giorni a Londra: ufficialmente per incontrarsi con la banca americana Merrill Lynch incaricata di rifinanziare i debiti del Milan e di Li. Ma non è detto che si parli anche di altro.

    Altre Notizie