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    Yepes a CM: 'Milan, Ibra è speciale. Vi spiego come cambia una squadra. Ai miei tempi i cellulari erano vietati, serve maggior rispetto'

    Yepes a CM: 'Milan, Ibra è speciale. Vi spiego come cambia una squadra. Ai miei tempi i cellulari erano vietati, serve maggior rispetto'

    • Daniele Longo
    Un leader dentro e fuori dal campo. Mario Yepes ha lasciato qualcosa di sé a tutti i club dove ha giocato. Specie al Milan, dove è riuscito a vincere l'ultimo scudetto della storia del club nella stagione 2010/2011. Una stagione esaltante vissuta al fianco di un campione come Zlatan Ibrahimovic. Nell'intervista esclusiva concessa a calciomercato.com, il campione colombiano si racconta tra passato e progetti futuri.


    Yepes, per lei cosa vuole dire la parola Milan?
    "Prima di tutto quando uno mi dice la parola Milan mi vengono tante cose nella testa. La prima è che quando ero piccolo tifavo il Milan in serie A. Nelle giovanili giocavo da punta e quindi seguivo tutto quello che faceva Van Basten. Poi ho iniziato a giocare da difensore centrale e ho iniziato a osservare, con ammirazione, Baresi. Ho sempre seguito le sorti del club rossonero, Maldini è stato un grande esempio".

    La chiamata di Adriano Galliani per portarla al Milan nell'estate del 2010 è stato il classico coronamento di un sogno?
    "Quando mi ha chiamato per me è stata una cosa molto bella. Prima di tutto è stata la chiamata di una squadra dove ho sempre sognato di giocare. Ma anche la consapevolezza del lavoro fatto al Chievo era stato seguito non solo dal Milan, ma da tutte le società. Per me è stato molto facile dire sì a Galliani e al Milan".

    Quindi il Milan l'ha strappato alla concorrenza di altri club? Possiamo raccontare questo retroscena?
    "Adesso non è giusto parlarne, fare dei nomi. Sicuramente c'erano altri due club interessati in quel momento lì. Ora non serve a niente rivelarli, io volevo andare al Milan che aveva creduto in me. Avevo 34 anni e ho avuto questa possibilità enorme e l'ho sfruttata al massimo in quei 3 anni che sono stato lì".

    Nel lontano 7 maggio del 2011 festeggiava la vittoria dello scudetto con il Milan. Da lì 8 anni avari di soddisfazioni per il club rossonero, che effetto le fa?
    "Io ero arrivato in una squadra diversa, molto matura e che aveva vinto abbastanza sopratutto fuori dall'Italia. Si era creato il giusto amalgama, siamo diventati una grande squadra. Avevamo una grande motivazione in tutti gli allenamenti, volevamo diventare campioni d'Italia. Negli ultimi due anni che sono stato lì siamo arrivati in Champions, sapendo di avere una squadra con minore qualità rispetto a quella che aveva vinto lo scudetto. Abbiamo sempre raggiunto gli obiettivi che ci siamo prefissati, il primo anno è stato davvero speciale per la vittoria del campionato".

    A livello personale, il punto più alto è stato il gol che permesso di battere con una super rimonta il Lecce nell'ottobre del 2011?
    "No, a livello personale niente è stato uguale alla vittoria dello scudetto. Non è stato facile, si è dovuto fare un lavoro importante di squadra".

    La scintilla, il momento in quella stagione che le ha fatto credere di poter vincere il campionato?
    "Il filotto di vittorie dopo l'avvio difficile. Lì ho pensato: 'Dai ragazzi, andiamo a vincere'. Ma c'era uno spogliatoio di grandi campioni  con una mentalità vincente. Avevamo un grande dirigenza, che ci stava sempre vicina, e una grande staff tecnico".

    Uno di quei grandi campioni era Zlatan Ibrahimovic. Ci può raccontare l'uomo e il professionista svedese?
    "Un giocatore, in quel momento lì, molto forte e che era arrivato con me in quell'anno. E' un giocatore speciale, con lui abbiamo sempre avuto tutti una grande affinità. Abbiamo avuto un rapporto molto bello, sincero. E' stato determinante per la vittoria. Non è stato importante solo per me ma per tutta la squadra".

    Quindi è anche un leader nello spogliatoio?
    "Assolutamente, il fatto che si alleni sempre al massimo condiziona in positivo tutti il gruppo. Ti obbliga ad allenarti al suo livello, è un esempio. Ti ispira a fare il massimo, immagino che questa visione l'avessero tutti i giocatori della rosa".

    Per un minuto le chiedo di vestire i panni del direttore sportivo del Milan: lo riprenderebbe Ibra a 38 anni?
    "Sicuramente è un grandissimo giocatore ma bisogna vedere come sta nell'aspetto fisico e motivazionale. Sono passati degli anni dal momento che abbiamo vissuto insieme con la vittoria dello scudetto. Lui ha sempre voglia di vincere, non è importante il campionato o la squadra. Conta solo una cosa: vincere. Questo è il mio pensiero. Se volete sapere se può dare ancora molto a questo Milan, allora è una domanda che andrebbe fatta alla dirigenza attuale che sicuramente sa alla perfezione qual è la sua condizione fisica".

    A questo Milan manca un leader cosa che lei è sempre stato nella sua carriera. Nel  pre-partita di Colombia-Argentina, valida per il Mondiale del 2014, si è quasi trasformato in Al Pacino con quel discorso motivazionale che ha fatto il giro del mondo.
    "Io non sapevo che stessero facendo il video, se  l'avessi saputo non sarebbe uscito fuori. Qualcuno ha registrato senza dirmelo, poi quando è uscito era difficile fermare la diffusione. Io ho sempre messo la faccia per la squadra, noi giocatori sudamericani abbiamo questo sentimento forte per la Nazionale. Questo discorso lo facevo sempre prima di ogni partita, non solo in quelle  importanti. Questo per sottolineare quanto è importante il lavoro che si fa in settimana, degli stimoli che uno deve avere. Uno deve essere leader in ogni momento, allenamento dopo allenamento. Questo è quello che ho provato a fare nel Chievo, nel Milan e nella Nazionale. Questa voglia di fare le cose con amore, di allenarmi bene, di arrivare prima agli allenamenti, questa voglia di mettere a disposizione tutto quello che si poteva".

    Prima delle partite era vietato l'uso del cellulare nello spogliatoio?
    "Alla mia epoca erano vietati, nello spogliatoio era vietato tutto. Ora sono 4 anni che non gioco più e non conosco le dinamiche degli spogliatoi attuali. In quel momento tutte queste cose non succedevano, io credo che i giocatori giovani che arrivavano al Milan vedevano tutto questo rispetto per lo spogliatoio da parte dei giocatori che avevano già vinto tanto. Rispetto degli orari, rispetto per l'allenatore. Tutti vedevano questa riga e volevano seguirla".

    Del presidente Berlusconi che ricordo ha? Il giorno della sua presentazione alla stampa disse: 'Oltre a essere un difensore forte, è anche bello'.
    "Sapevo che era un personaggio simpatico (ride ndr). L'avevo già conosciuto prima di quella dichiarazione dove eravamo insieme. Sempre ha avuto parole di apprezzamento non solo per me ma per tutta la squadra. Non era un momento facile per lui e allora aveva poco tempo per stare con noi. Ho scoperto una persona in grado di darti tranquillità, allegria, era sempre uno propenso a darti qualcosa di positivo e non una pressione. Veramente le poche volte che è venuto dentro lo spogliatoio sono stati dei bei momenti".

    Adesso ha intrapreso la carriera da allenatore.
    "Si ho iniziato e ho fatto un anno qui in Colombia. Ho avuto qualcosa anche per continuare, vediamo. Mi sto abituando a stare di nuovo in Colombia, a fare cose che non facevo prima di smettere di giocare e vedremo più avanti. Non so se rimarrò qui in futuro, adesso si stanno facendo dei corsi di aggiornamento qui e vediamo se ci sarà l'opportunità di tornare in Europa sotto un'altra veste".

    Qual è stato l'allenatore con cui ha avuto maggiore empatia nella sua carriera?
    "A questa domanda è sempre difficile rispondere. Grazie a Dio ho avuto una lunga carriera e tutti gli allenatori mi hanno dato qualcosa da ricordare, le cose buone e quelle meno. Nominarne uno per me sarebbe difficile, riduttivo. Ho preso tante cose, non voglio lasciare nessuno fuori".

    In questo Milan sono tornati alcuni grandi ex giocatori: prima Gattuso, ora Maldini, Boban e Dida. In futuro potrebbe toccare a lei, ci spera?
    "Sono contento per tutti loro, mi fa molto piacere perché sono legati al club. Io ho solo da ringraziare per tutta la vita la gente del Milan: i tifosi, la mia ex dirigenza e tutti. Quei tre anni sono stati fantastici, tutti si sono comportati molto bene con me. Ho avuto sempre tutte dimostrazioni di affetto e il ricordo che ho è quello di una famiglia. Uno pensa sempre bene della sua famiglia e quindi un ritorno a casa è sempre positivo. Ci sarà tempo per pensare a quello, spero di andare presto a trovare tutti i tifosi che con me sono stati speciali".

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