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    Violamania:| Voglia di normalità

    Violamania:| Voglia di normalità

    • Luca Cellini

    Nei giorni precedenti ed in quelli immediatamente successivi all’esonero di Sinisa Mihajlovic le prime firme del giornalismo sportivo nazionale si sono scatenate ‘contro’ Firenze per la contestazione fatta nei confronti dell’ex tecnico viola, accusando apertamente la tifoseria gigliata di essere troppo pretenziosa verso l'allenatore serbo. La lettera del signor Gianni Paoletti, lettore di ‘Repubblica’, a Gianni Mura - anche quest’ultimo nella schiera dei pretoriani di Sinisa Mihajlovic - pubblicata nella rubrica che il celebre giornalista tiene sul sito del quotidiano romano, mi è sembrata una perfetta sintesi di ciò che i tifosi della Fiorentina esigerebbero dalla propria squadra di calcio: 'A noi piace avere una squadra che gioca a calcio, una squadra che abbia un briciolo di personalità, un'impronta di gioco, che sia riconoscibile da come si esprime sul campo. Siamo perfettamente coscienti del fatto che non saremo mai in grado di lottare per i vertici, ed allora se dobbiamo arrivare settimi od ottavi, tanto vale farlo divertendo il pubblico’.

    Richieste, quelle del signor Paoletti e della maggioranza dei tifosi della Fiorentina, che io definisco normali nel calcio, niente di straordinario. Perché voler vedere una bella partita di pallone credo sia più che legittimo per chi ama andare allo stadio almeno una volta alla settimana, a tifare la propria squadra. Un qualcosa che è sempre mancato nella continuità temporale della gestione Mihajlovic.

    Riflettevo proprio sul concetto di normalità in questi giorni e mi sono reso conto che a Firenze nell’ultimo anno e mezzo si era perso il senso di quello che dovrebbe essere l’abitudinario calcistico. Infatti i media ed i tifosi hanno ‘esaltato’ in questi giorni del neo tecnico Delio Rossi, cose che dovrebbero essere ‘acquisite’ ovvero, sorrisi e battute durante le conferenze stampa, esclusione di parolacce nell’intercalare dialettico del tecnico - brutto marchio di fabbrica del precedente - zero promesse ed obiettivi dichiarati, spontaneità, voglia di dare orgoglio nel vedere i propri giocatori, e non imbarazzo e fastidio. Ma soprattutto il ritorno al centro di una parola che dovrebbe essere fondamentale sempre: cultura del lavoro.

    Firenze ed i tifosi viola si erano così tanto disabituati ad intendere il calcio come un lavoro, che ha suscitato scalpore la notizia delle lunghe ore al minicentro sportivo dell’ex tecnico di Palermo e Lazio ed il fatto che nel programma di allenamento viola siano previste sedute mattutine che serviranno anche come incentivo affinché i ragazzi in pantaloncini gigliati la smettano di dare spettacolo in ristoranti, locali e discoteche del circondario fiorentino fino a tarda notte. I tifosi viola non vogliono niente di particolare se non una normalità sul terreno di gioco e anche nella gestione del club.

    Ecco perché non stupisce ‘l’accanimento’ verbale, forse esagerato, nei confronti del ds Pantaleo Corvino, uscito con le ossa rotte dalla gestione Mihajlovic. Lui, il vero padrone della Fiorentina negli ultimi diciotto mesi, un pugile ‘suonato’ come è apparso nel giorno della conferenza stampa di presentazione di Delio Rossi, è il vero sconfitto dal progetto viola proprio perché ha voluto egemonizzare il suo lavoro, non ricoprendo solo il normale lavoro di ds, ma andando a toccare campi che non rientravano nelle sue competenze, perdendo lucidità ed umiltà. Certo, non ha fatto tutto da solo, ma vi è stata la complicità di un club che, oggi si è capito, ha visto ‘spogliarsi’ delle sue figure principali anche per colpa della sentenza di Calciopoli.

    Non è giusto commentare un primo grado di giudizio, né mettersi a fare ‘figli e figliastri’ su chi è uscito dal processo di Napoli con un’accusa. Certo, chi ha vissuto sulla propria pelle la stagione 2004-2005 non può accettare ancora oggi quei 15 punti di penalizzazione e quella Champions tolta nei due anni successivi al terremoto calcistico post Moggi. Sono sicuro che in un paese normale però, la gestione e l’analisi delle intercettazioni, sarebbe stata fatta in maniera un po’ diversa perché far pagare chi ha subito, e non poco, il non aver fatto parte di una ‘combriccola’, per poi scendere eventualmente a ‘compromessi’, non può essere paragonato a chi era il capo di quella ‘combriccola’ e gestiva nel modo più sbagliato il calcio italiano. Ecco perché, dopo averli anche pesantemente attaccati in passato, soprattutto per una loro assenza fisica dalle cose viola, mi sembra normale essere al fianco della famiglia Della Valle - così come di chi scese sui binari, come forma di protesta, in quei giorni ‘caldi’ del luglio 2005 alla stazione di Firenze Campo di Marte - nella loro battaglia su ciò che è veramente accaduto sulla vicenda di Calciopoli.

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