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    Violamania: salto di qualità mentale

    Violamania: salto di qualità mentale

    • Luca Cellini
    La gara contro il Torino ha dimostrato che la Fiorentina ancora non ha fatto quel salto mentale che le permetterebbe di potersi definire una grande squadra del nostro campionato. Un po’ per sfortuna, un po’ per mancanza di attributi, cattiveria, determinazione, bontà delle proprie seconde linee, la rosa gigliata non ha ancora compiuto quel salto di qualità mentale che le permetterebbe con certezza di sentirsi in lotta con i vertici della nostra serie A e poter ambire fino a fine stagione per un posto nella prossima Champions League. Le cause di questo possono trovare tante risposte ma rimane il fatto che prendere una rete come quella subita da Vives, domenica scorsa, due giri di orologi esatti dopo aver trovato il sospirato vantaggio, al termine di un largo predominio territoriale e tecnico, riporta sulla terra le ambizioni da grand heur che squadra, allenatore e piazza in generale speravano di aver compiuto nell’ultimo periodo con la comunque non disprezzabile continuità di risultati post sconfitta del 6 gennaio scorso contro il Parma.

    Come sempre però la riflessione che maggiormente emerge nelle ore successive all’uno ad uno con gli uomini di Ventura è la totale mancanza di mezze misure della città e della tifoseria. Chi sarebbe stato immediatamente pronto a salire sul carro del vincitore in chiave viola qualora fosse finita con un uno a zero al Torino comunque costellato da tante sbanda ture difensive visto i numerosi contropiedi concessi a Maxi Lopez e compagni in superiorità numerica domenica scorsa; oggi tragicizza un pareggio che comunque lascia ancora tutto aperto magari in chiave futura disputa delle coppe europee. A Firenze purtroppo neanche il fallimento di quasi tredici anni fa è servito per trovare la giusta misura nelle analisi di cose di casa Fiorentina e quindi non sorprende il fatto che all’ombra del Duomo del Brunelleschi si dica di apprezzare il bel gioco ma in realtà si viva del motto che ‘Il risultato non è importante, è tutto’. Una squadra che sarebbe stata celebrata in lungo ed in largo, in maniera esagerata come sempre, in caso di successo contro il Toro, adesso viene definita mediocre, senza futuro, e con un allenatore incapace di gestire lo spogliatoio.

    Per fortuna in questo senso arriva a stretto giro di posta la gara contro il Tottenham ed una qualificazione agli ottavi di finale di Europa League ancora in bilico. Un anno fa dopo un uno ad uno in casa della Juventus a Torino furono stampati poster con il gol realizzato da Mario Gomez allo Stadium bianconero. Peccato che poi sette giorni dopo una rete di Pirlo cancello quel ricordo che era effimero per la marcatura dell’attaccante tedesco visto che non poteva valere ancora la qualificazione. Da questo punto di vista poco meno di un anno dopo non si sono ripetute celebrazioni per un pareggio esterno con gol, come quello ottenuto al White Hart Lane, ed il solo punto preso contro i granata può servire a mantenere i piedi per terra in vista del ritorno contro gli Spurs. La vigilia è agitata dal forfait di Tatarusanu e dalla notizia che giocherà Neto. Sarebbe strano che uno che viene dato per sicuro giocatore della Juventus dal 1 luglio prossimo, contribuisse al proseguo dell’avventura europea della Fiorentina. Anche in questo caso la città, la tifoseria ed anche la stampa dovrebbero compiere un salto di qualità mentale: i fischi e gli insulti di cui è stato fatto oggetto il classe ’88 di Araxa dopo la comunicazione della sua mancata volontà di rinnovare il contratto in scadenza con il club viola a giugno prossimo, non hanno motivo di esistere nel calcio globale dei nostri giorni. In tutta Europa elementi in scadenza continuano a giocare fino al naturale termine del contratto, senza essere etichettati come traditori o reietti. Se i supporter gigliati applaudiranno fin dal riscaldamento Neto giovedì sera, dimostreranno che loro per primi valgono ancora di meritarsi l’avventura in Europa League. Di contro Firenze continuerà a dimostrarsi per la città dei Guelfi e dei Ghibellini, bellissima all’apparenza, ma che vede nemici ovunque, e che non è mai riuscita a fare il salto definitivo di mentalità per diventare realtà continentale, e lanciarsi a pieno diritto nel mondo moderno anche dal punto di vista calcistico. 
     

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