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Violamania: questi siamo (purtroppo) e l'Europa la vediamo in televisione? Ancora no!
Un applauso a Iachini, intanto. Dopo l’esordio nefasto, proprio a Firenze, sulla panchina del Sassuolo, al ritorno l’ha vinta lui. E la Fiorentina è caduta pienamente nella trappola, venendo inghiottita dalle trame avversare e dai propri limiti, tornati evidenti.
Ma parliamo del viola. Intanto ci sono giocatori che, la Serie A, possono vederla solamente in televisione. Proprio come faremo noi con l’Europa League, vien da dire. Ancora non è detta l’ultima parola, attendiamo Atalanta e Sampdoria. Il miracolo è stato tornare in lotta, qualificarsi da utopia sarebbe diventato una vera e propria impresa oltre il mistico. E infatti siamo ripiombati, stanchi fisicamente e mentalmente dopo un rush finale dalle sembianze uniche, nella nostra dimensione.
Dalle stelle alle stalle. Impossibile chiedere di più, specialmente alla luce di assenze così pesanti. Pioli è stato incolpato, da vari angoli, di non saper leggere le partite: il problema è che, con i ricambi che dispone, appena c’è una defezione si fanno i conti senza l’oste, ovvero il talento. Figurarsi quando le privazioni sono più d’una. E di quale caratura, poi.
Ci hanno ingabbiati, creando densità in tutte le zone del campo, superiorità nei duelli e organizzandosi in modo ostile in attacco, dove Berardi è stato preferito a Babacar, in coppia con Politano, per non dare punti di riferimento, scambiarsi, sfruttare le occasioni, come quando lo stesso Politano ha rubato il pallone a un non precisissimo Milenkovic. Questa è stata la chiave della partita, fattori che la Fiorentina non è riuscita a metabolizzare, a cui non ha saputo rispondere.
Dragowski è stato il re dell’incertezza, la difesa ha traballato vertiginosamente, dando riscontro di quanto Pezzella sia indispensabile nell’economia del reparto; il centrocampo è stato surclassato, specialmente nei numeri e nei polmoni, dove un Veretout stremato non è riuscito ad incidere in nessuna delle due fasi; davanti il regno dell’abbandono, un settore del campo all’interno del quale Falcinelli ha vagato per tutta la partita senza riuscire a dare un segnale positivo, utilizzando un eufemismo.
Proprio perché, alcuni giocatori, non sono adatti. O meglio, lo erano per quelle che sono state le premesse a questa stagione. Che poi, quando cambi tanto, ci sta di sbagliare. Meno di trovare più note negative che positive, in fondo all’anno. Chissà cosa pensano Gori e Sottil, ad esempio, nel vedere in campo elementi inadeguati nei loro ruoli. Ma la speranza è l’ultima a morire. Così come quella di andare in Europa League? Eh, bella domanda. Aspettiamo gli altri risultati, intanto. Il Milan insegna. Ma lo scetticismo è lampante.
Ma parliamo del viola. Intanto ci sono giocatori che, la Serie A, possono vederla solamente in televisione. Proprio come faremo noi con l’Europa League, vien da dire. Ancora non è detta l’ultima parola, attendiamo Atalanta e Sampdoria. Il miracolo è stato tornare in lotta, qualificarsi da utopia sarebbe diventato una vera e propria impresa oltre il mistico. E infatti siamo ripiombati, stanchi fisicamente e mentalmente dopo un rush finale dalle sembianze uniche, nella nostra dimensione.
Dalle stelle alle stalle. Impossibile chiedere di più, specialmente alla luce di assenze così pesanti. Pioli è stato incolpato, da vari angoli, di non saper leggere le partite: il problema è che, con i ricambi che dispone, appena c’è una defezione si fanno i conti senza l’oste, ovvero il talento. Figurarsi quando le privazioni sono più d’una. E di quale caratura, poi.
Ci hanno ingabbiati, creando densità in tutte le zone del campo, superiorità nei duelli e organizzandosi in modo ostile in attacco, dove Berardi è stato preferito a Babacar, in coppia con Politano, per non dare punti di riferimento, scambiarsi, sfruttare le occasioni, come quando lo stesso Politano ha rubato il pallone a un non precisissimo Milenkovic. Questa è stata la chiave della partita, fattori che la Fiorentina non è riuscita a metabolizzare, a cui non ha saputo rispondere.
Dragowski è stato il re dell’incertezza, la difesa ha traballato vertiginosamente, dando riscontro di quanto Pezzella sia indispensabile nell’economia del reparto; il centrocampo è stato surclassato, specialmente nei numeri e nei polmoni, dove un Veretout stremato non è riuscito ad incidere in nessuna delle due fasi; davanti il regno dell’abbandono, un settore del campo all’interno del quale Falcinelli ha vagato per tutta la partita senza riuscire a dare un segnale positivo, utilizzando un eufemismo.
Proprio perché, alcuni giocatori, non sono adatti. O meglio, lo erano per quelle che sono state le premesse a questa stagione. Che poi, quando cambi tanto, ci sta di sbagliare. Meno di trovare più note negative che positive, in fondo all’anno. Chissà cosa pensano Gori e Sottil, ad esempio, nel vedere in campo elementi inadeguati nei loro ruoli. Ma la speranza è l’ultima a morire. Così come quella di andare in Europa League? Eh, bella domanda. Aspettiamo gli altri risultati, intanto. Il Milan insegna. Ma lo scetticismo è lampante.