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Violamania: qualcosa si è rotto, l'attacco non segna più e i problemi fanno paura
C'è qualcosa che non funziona più, si è rotto. Inevitabile, ormai, pensare ciò. Come è inequivocabile ammettere le difficoltà legate ai dati statistici. Si sta creando un percorso apatico, Pioli parla di una squadra non in crisi e che non perde da cinque partite. Sarà. Che ci siano alcune cose buone è evidente, perché le occasioni vengono prodotte e manca la finalizzazione per renderle felicità. Di contro, non si può essere certamente soddisfatti: in generale e nei casi specifici. Partendo, ad esempio, dalla stessa mancanza di finalizzazione.
La sveglia è di Poli, dopo cinque minuti. La Fiorentina inizia con il freno a mano tirato e non riesce a uscire dal pressing. Ci pensa Chiesa, con un tiro improvviso, a suonare la carica: appare, come sempre, l'unico in grado di fare davvero la differenza. E se la traiettoria di Benassi lascia attonito Skorupski sfiorando il palo, si contano le conclusioni terminate fuori dallo specchio della porta, ben 14. Solo cinque, invece, quelle con la giusta mira, tra il gol sbagliato da Simeone e il legno che toglie la gioia a Milenkovic. Lafont mette la manona su Orsolini, la Viola crea ma annega nei propri problemi.
L'intesa tra Simeone e Chiesa è ai minimi termini - anche oggi un altro contropiede sprecato, dopo la sceneggiata di Frosinone - e l'argentino non segna da oltre due mesi, dal 19 settembre a Genova: anche con il Bologna, pochi tentativi e, tranne un salvataggio di Skorupski, il niente. Necessita di una spalla, è chiaro, o forse di restare fuori. Non con cattiveria, ma saggezza e un pizzico di cinica ovvietà. Probabilmente, la scelta legata alle due punte sarebbe la più saggia, però ci sarebbe da rivoluzionare troppo e Pioli non è certo il tipo che osa.
Gerson è stato provato davanti: meglio, molto meglio che a centrocampo, ma l'inconsistenza delle sue azioni lo tradisce sul più bello. Gli unici sono Chiesa e un inesauribile Veretout, motore prezioso che si erge in mezzo al campo. Buon esordio di Ceccherini, ottima prova di Hugo senza il fido Pezzella - che si è allenato al Dall'Ara prima della gara, cercando di recuperare in vista della Juventus - e niente di più. Edimilson fa girare la squadra ma non basta: quando la Fiorentina imposta, almeno quattro giocatori sono schiacciati sulla linea difensiva avversaria, altri due agiscono da trequartisti a ridotto della milizia offensivo e si creano praterie desertiche in cui non ci sono movimenti, possibilità di passaggio o di trama. Insomma, spesso l'azione d'attacco sembra affidata all'improvvisazione, alla vena dei singoli. Che ci sta, se i singoli ci fossero, o quantomeno rispondessero presente.
La domanda sorge spontanea. Certo, lo staff li valuta tutti i giorni e possiede tutti gli strumenti a propria disposizione per analisi accurate e ponderate, perché però la vena di Sottil e Vlahovic è stata accantonata per uno sterile e annacquato Gerson e, addirittura, per l'esordio stagionale di Thereau, che mancava dal campo dallo scorso marzo? In questo momento di difficoltà, queste soluzioni scalderebbero i tifosi e donerebbero un'alternativa imprevedibile, per gli avversari e la stessa Fiorentina. Che serva cambiare è sotto gli occhi di tutti: inventarsi qualcosa, spezzare un'inerzia preoccupante. Anche perché sabato arriva la Juventus: affronterà una squadra che non vince da oltre due mesi, il cui attaccante non segna da ancor prima e che nelle ultime cinque partite ha raccolto altrettanti pareggi, gettando al vento otto punti con le rimonte e insaccando il praticamente il 10% dei tiri realizzati. L'augurio è che sia solo l'anticamera dell'impresa. Per l'Europa, però, serve un altro tipo di cammino.
La sveglia è di Poli, dopo cinque minuti. La Fiorentina inizia con il freno a mano tirato e non riesce a uscire dal pressing. Ci pensa Chiesa, con un tiro improvviso, a suonare la carica: appare, come sempre, l'unico in grado di fare davvero la differenza. E se la traiettoria di Benassi lascia attonito Skorupski sfiorando il palo, si contano le conclusioni terminate fuori dallo specchio della porta, ben 14. Solo cinque, invece, quelle con la giusta mira, tra il gol sbagliato da Simeone e il legno che toglie la gioia a Milenkovic. Lafont mette la manona su Orsolini, la Viola crea ma annega nei propri problemi.
L'intesa tra Simeone e Chiesa è ai minimi termini - anche oggi un altro contropiede sprecato, dopo la sceneggiata di Frosinone - e l'argentino non segna da oltre due mesi, dal 19 settembre a Genova: anche con il Bologna, pochi tentativi e, tranne un salvataggio di Skorupski, il niente. Necessita di una spalla, è chiaro, o forse di restare fuori. Non con cattiveria, ma saggezza e un pizzico di cinica ovvietà. Probabilmente, la scelta legata alle due punte sarebbe la più saggia, però ci sarebbe da rivoluzionare troppo e Pioli non è certo il tipo che osa.
Gerson è stato provato davanti: meglio, molto meglio che a centrocampo, ma l'inconsistenza delle sue azioni lo tradisce sul più bello. Gli unici sono Chiesa e un inesauribile Veretout, motore prezioso che si erge in mezzo al campo. Buon esordio di Ceccherini, ottima prova di Hugo senza il fido Pezzella - che si è allenato al Dall'Ara prima della gara, cercando di recuperare in vista della Juventus - e niente di più. Edimilson fa girare la squadra ma non basta: quando la Fiorentina imposta, almeno quattro giocatori sono schiacciati sulla linea difensiva avversaria, altri due agiscono da trequartisti a ridotto della milizia offensivo e si creano praterie desertiche in cui non ci sono movimenti, possibilità di passaggio o di trama. Insomma, spesso l'azione d'attacco sembra affidata all'improvvisazione, alla vena dei singoli. Che ci sta, se i singoli ci fossero, o quantomeno rispondessero presente.
La domanda sorge spontanea. Certo, lo staff li valuta tutti i giorni e possiede tutti gli strumenti a propria disposizione per analisi accurate e ponderate, perché però la vena di Sottil e Vlahovic è stata accantonata per uno sterile e annacquato Gerson e, addirittura, per l'esordio stagionale di Thereau, che mancava dal campo dallo scorso marzo? In questo momento di difficoltà, queste soluzioni scalderebbero i tifosi e donerebbero un'alternativa imprevedibile, per gli avversari e la stessa Fiorentina. Che serva cambiare è sotto gli occhi di tutti: inventarsi qualcosa, spezzare un'inerzia preoccupante. Anche perché sabato arriva la Juventus: affronterà una squadra che non vince da oltre due mesi, il cui attaccante non segna da ancor prima e che nelle ultime cinque partite ha raccolto altrettanti pareggi, gettando al vento otto punti con le rimonte e insaccando il praticamente il 10% dei tiri realizzati. L'augurio è che sia solo l'anticamera dell'impresa. Per l'Europa, però, serve un altro tipo di cammino.