Se c'è una cosa innegabile è che Andrea Della Valle sia diventato, nei dieci anni da comproprietario della Fiorentina, un autentico tifoso gigliato. Basta guardarlo in tribuna autorità mentre segue la partita, come gioisce (poco negli ultimi due anni) e come soffre. Chi gli sta accanto diventa la 'vittima' dei suoi sfoghi, verbali e fisici: ha acquisito nel tempo i genomi di un vero e proprio ultrà da Curva Fiesole. E proprio l'incontro avvenuto fra i rappresentanti del tifo gigliato e il patron della Fiorentina, all'antivigilia di Pasqua, sembra l'unica speranza cui rimanere aggrappati, in questo momento di assoluta incertezza per chi ha il viola nel cuore. I leader delle curve del 'Franchi' erano usciti rinfrancati da quel vis-à-vis più volte rimandato nei mesi precedenti, e avevano ricevuto da Andrea Della Valle precise garanzie: azzeramento dell'attuale dirigenza, rilancio economico e partecipazione diretta dei fratelli marchigiani alla 'vita' del club. La domanda che oggi bisogna porsi è: bisogna fidarsi ancora di Andrea Della Valle? Verrebbe tanta voglia di dire di sì, visto che come detto l'ex presidente viola ha dimostrato, con la passione e le tante ore spese al fianco della squadra nelle 'tragiche' ultime settimane di campionato, quanto sia tifoso della Fiorentina.
Del resto non vanno certo attribuiti a lui gli errori in sequenza nelle campagne acquisti, la scelta dell'allenatore post-Prandelli o di quei dirigenti che hanno commesso errori strategici e dialettici (che in altre piazze sarebbero stati già pagati a caro prezzo). I fratelli Della Valle al limite sono stati complici silenziosi dell'ultimo biennio pessimo, ma la sensazione, dall'esterno, è che Andrea sia in qualche modo 'succube' delle indicazioni del fratello, nella politica aziendale. E' un perenne 'vorrei ma non posso' il suo, dimostrato ad esempio dal tentativo fatto in passato di ricucire lo strappo con Prandelli nella primavera del 2010, che portò solamente ad un finale ancora più tragico dell'avventura del tecnico a Firenze. O si pensi a quando, dopo la prima qualificazione in Champions League, aprì i cordoni della borsa investendo 50 milioni sul mercato di rafforzamento della squadra, lanciata allora verso alti traguardi europei, salvo poi vedersi sottrarre la chiave della cassaforte di famiglia sempre dal fratello, che fece scattare l'autofinanziamento.
Andrea Della Valle non possiede il carisma di Diego, ma denota spesso lo stesso amore per la Fiorentina del 'lampredottaro' della Loggia del Mercato Nuovo, o del fruttivendolo di piazza dei Ciompi. E allora proprio da lui - che non merita gli insulti ricevuti domenica scorsa da un gruppo esiguo di persone che è difficile chiamare tifosi viola - ci si aspetta nelle prossime ore un sussulto d'orgoglio, e la decisione, forte, di inserire in società gente di calcio, oltre che la scelta di un allenatore che possa farci riaccendere quell'entusiasmo che invece i dirigenti attuali, o quelli cui non è stato rinnovato il contratto, hanno fatto di tutto per spengerci. Basta che non si fidi troppo - è il nostro consiglio - della Firenze che gli viene raccontata da chi occupa attualmente le stanze di via Manfredo Fanti. Si lasci trasportare dal cuore quando prende decisioni sul futuro dei viola, mantenga tutte le promesse fatte una quarantina di giorni fa a quei tifosi che ha incontrato, e torni a tutti gli effetti ad essere presidente del club. Firenze, una città dove è impossibile avere l'unanimità dei consensi, ha solo voglia di sorridere e gioire intorno alla propria squadra di calcio, e sapere di potersi fidare, in questo periodo di incertezze, di una persona che, come loro, tiene davvero ai colori viola.